Ori Gersht alla Brand New Gallery di Milano (via Farini, 32) fino al 9 marzo 2017 espone una nuova serie fotografica Floating World che è un’evoluzione della natura morta tanto cara all’artista israeliano.
I frutti e i fiori esplosi che l’hanno reso celebre nel mondo (sia attraverso foto che catturano l’infinitesimale attimo che i video) sono adesso abbinati a delle visioni capovolte dei giardini zen.
L’artista prende sempre spunto dai suoi viaggio per inziare il focus sui suoi lavori. L’aveva fatto anni fa in Ucraina, sulla tracce degli ambienti che immaginava avessero accolto il suocero sopravvissuto all’olocausto, e lo ha fatto ora, visitando i giardini di Kyoto in Giappone. Lo spirito che li anima è indubbiamente la ricerca della meditazione. Per questo oggi Ori Gersht li capovolge, o meglio, li riflette nelle sue fotografie, creando dei mondi paralleli che contrappongono il reale e il virtuale. Il risultato è ovviamente quello che l’arte del bello produce nello spettatore: sconcerto, bellezza, incanto.
In un anno di lavoro, Gersht, che è professore di fotografia alla University for the Creative Arts di Rochester (Kent, Inghilterra) l’artista israeliano naturalizzato a Londra, ha catturato i dettagli e la pacifica comunicativa della natura giapponese creata ad arte dall’uomo per conciliare il relax.
L’artista, nato nel 1967, è al massimo della sua carriera: ora è nella collezione permanete del Getty Center di Los Angeles, dal 19 febbraio sarà in mostra in Polonia nella collettiva Nature Morte: Contemporary Artists reinvigorate the Still-Life tradition al Four Domes Pavillon del Museo d’arte contemporanea a Varsavia e fino a giugno farà parte di Burnered Landscape – From Kiefer to Ristelhueber all’olandese Fries Museum di Leeuwarden.
Parte della sua fortuna tra collezionisti e galleristi è ascrivibile alla dirompente vis creativa che lo ha portato a ispirarsi ad alcuni celebri dipinti barocchi per attualizzarli con il suo tocco. Iconiche sono diventate le immagini di nature morte su sfondo nero che sono catturate nel momento dell’esplosione. “Ho deciso di usare in passato i melograni perché esplodono come una granata“, ha detto Ori Gersht alla stampa inglese. Tracciando un ideale richiamo delle sue immagini alla violenza che si respira in alcune parti del mondo. La sua esperienza privata è ovviamente il fulcro da cui si origina la sensibilità per le immagini: “La distruzione e la creazione mi interessano, sono un bisogno – ha detto a The Guardian – e la mia fotografia ferma l’istante che l’occhio nudo non può vedere. Ho lasciato Israele nel 1988 a 21 anni. Ho iniziato a farmi delle domande, la fotografia è un mezzo per creare cose uniche”.
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