La collezione Luigi e Peppino Agrati, una delle raccolte d’arte contemporanea più importanti, è in esposizione fino al 19 agosto a Milano.
Presso la sede storica dell’Intesa San Paolo, in piazza Scala nelle sale prestigiose delle Gallerie d’Italia, si vedono capolavori del Novecento meticolosamente raccolti dai due imprenditori con rara lungimiranza. Dalla Pop Art alla Transavanguardia, una cavalcata di storia dell’arte recente è rappresentata in un bell’allestimento nelle sale storiche, per un valore complessivo che si sussurra sia vicino ai 300 milioni di euro.
La mostra curata da Luca Massimo Barbero (con il coordinamento generale di Gianfranco Brunelli) è chiamata Arte come rivelazione. Opere dalla collezione Luigi e Peppino Agrati e rivela una straordinaria e vivace attenzione per l’attualità dei fratelli Agrati.
Che, c’è da dire, sono stati anche fortunati a intessere rapporti di fiducia con i maggiori protagonisti dell’arte contemporanea da Fausto Melotti a Lucio Fontana, da Arman a Christo, da Robert Rauschenberg a Robert Ryman, da Alighiero Boetti a Giulio Paolini, da Francesco Clemente a Julian Schnabel. E tra le opere alle Gallerie d’Italia a Milano ci sono tutti i pezzi forti: «Triple Elvis» di Andy Warhol , «Financial District» di Jean-Michel Basquiat, un «Concetto spaziale» di Lucio Fontana, un «Package» di Christo (Javacheff Christo), una «Grande pittura» di Mario Schifano e un «Achrome» di Piero Manzoni.
La raccolta creata dagli industriali costituisce un momento particolarmente signicativo all’interno della storia del collezionismo italiano della seconda metà del Novecento. La collezione nasce alla fine degli anni Sessanta dalla passione per l’arte di Peppino Agrati, che insieme a Luigi concepisce il collezionare come una personale visione, slegata dalle mode e dalle tendenze di mercato.
Ci sono esponenti degli sviluppi più avanzati dell’arte italiana ed europea dagli anni Cinquanta agli Ottanta e i contemporanei sviluppi internazionali, con una particolare attenzione per le correnti americane dei due decenni Sessanta-Settanta.
Molto Fausto Melotti, che insieme a Lucio Fontana è riconosciuto dagli Agrati quale maestro radicale dell’arte italiana del Novecento, molto Rauschenberg, padre di diversi filoni post-pop e ovviamente il trittico elvisiano di Warhol, tra i più importanti lasciti.
Fotoservizio Christian D’Antonio per The Way Magazine.