12 Marzo 2025

Mitchell Anderson, “Sonetto” in arte alla Bernheim di Londra

L'assurdità brutale di oggetti che si mettono in dialogo con i poeti della storia inglese. Nella galleria simbolo nel palazzo storico di Mayfair.

12 Marzo 2025

Mitchell Anderson, “Sonetto” in arte alla Bernheim di Londra

L'assurdità brutale di oggetti che si mettono in dialogo con i poeti della storia inglese. Nella galleria simbolo nel palazzo storico di Mayfair.

12 Marzo 2025

Mitchell Anderson, “Sonetto” in arte alla Bernheim di Londra

L'assurdità brutale di oggetti che si mettono in dialogo con i poeti della storia inglese. Nella galleria simbolo nel palazzo storico di Mayfair.

“Sonnet” di Mitchell Anderson è la personale dell’artista nato in America, e di stanza a Zurigo, Svizzera, presso la galleria Bernheim a Londra (fino al 17 aprile 2025).
Sonnet è la seconda mostra personale di Mitchell Anderson a Londra. Il titolo suggerisce costruzioni poetiche e affermazioni che riflettono il nostro mondo. Per secoli, i sonetti sono stati associati al desiderio, inizialmente esplorando l’amore non corrisposto ma espandendosi verso l’educazione civica, la politica e il mondo vissuto, con la sua natura paradossale e le sue ambiguità, qualcosa in cui Anderson ha un interesse centrale.


La struttura di un sonetto è una restrizione artistica autoimposta, una poesia di quattordici versi con schemi di rima e sillabe stabiliti. Questo quadro restrittivo prescritto è parallelo alla pratica di Anderson e al suo impegno scelto per l’esistente, appropriato e trovato.

Qui, ciò è mostrato da una caratteristica ampia gamma di mezzi e media, che spaziano dalla pittura al readymade, sempre con una base concettuale coerente. Riempiendo lo storico edificio di Mayfair, l’artista ha concettualizzato l’installazione in più stanze e piani con idee e immagini che riecheggiano, rimano e allitterano tra loro. La mostra si articola attorno a 3 cicli di opere principali. Il piano terra presenta un raggruppamento di sculture readymade la cui esposizione indica una progressione dalla nascita alla morte attraverso oggetti che astraggono e incorporano un’assurdità brutale. Le sculture sgonfie che si trovano su altri piani partecipano in modo simile come specchi e non come metafore, oggetti la cui natura satura trasmette declino e svuotamento. Una nuova serie di dipinti a encausto raffigura graficamente una recinzione a maglie spezzate, griglie ordinate di filo tenute insieme dalla tensione e ora intrecciate nel caos o nella libertà. Il loro titolo, Arlecchino, anticipa l’intenzione di Anderson di metterle in dialogo con una genealogia modernista che inizia con Picasso e attraversa Johns e Stingel, anche se lui scheggia quel modello di riferimento. I dipinti collegano figurazione e astrazione, leggibilità ed
equivoco, poiché le linee liriche raffigurate sembrano riconoscibili ma non impongono una narrazione decisa.
Con i loro campi di nero riflettente che rivelano una profondità di azione e colore all’interno di presunti
vuoti, ricordano l’ampiezza dell’astrazione maschile americana di metà secolo, poiché
Anderson si concentra sul potere dell’esposizione, del modello e della ripetizione e sul suo smantellamento.

I sonetti dedicati al talento artistico di altri (i poeti Byron, Chatterton, Spenser) sono codificati con carte da gioco porno gay vintage di inizio secolo, le poesie “The Human Seasons” e “A Song About Myself” con carte da gioco raffiguranti incendi e immagini trovate a torso nudo di Luigi Mangione.
La toccante temporalità e l’erotismo introdotti visivamente e materialmente in queste opere suggeriscono una visione della cultura contemporanea tanto oscura quanto romantica e vissuta. Attraversando il tempo e i campi di impegno, le opere di Anderson possono essere lette come ottimiste ed esteticamente sbalordite, pur mantenendo un’aspettativa per la ripetizione e la continuazione delle scelte sociali. Esistendo in modo attuale e immutabile, la sua strutturazione formale delle sue opere e questa mostra come un tipo di poesia plasmano la sua poetica e la sua prosa come riflessi specchiati e inchiostrati.
Mitchell Anderson (nato nel 1985 a Chicago, USA), vive e lavora a Zurigo, Svizzera.
La serie Fences di Anderson esplora i temi del confine,
tensione e materialità attraverso un intervento contemporaneo
nell’antica tecnica della pittura a encausto. Dopo aver fuso
i pigmenti con cera d’api riscaldata, la miscela viene applicata a strati
e manipolata con il calore, creando una superficie ricca e strutturata
che si fonde con il supporto. Una tecnica apprezzata
dagli antichi Greci, Romani ed Egizi per la sua permanenza
e per la sua profondità da pittori moderni come Jasper
Johns e Brice Marden per la sua tattilità e capacità di catturare
il processo di pittura sulla superficie, Anderson crea
superfici che contengono ogni segno, abbracciando la fisicità del
processo e l’oggettività dell’opera risultante

Read in:

Ti potrebbe interessare:

Cuttuni e Lamè a teatro

A Milano, al Teatro Franco Parenti, un momento di intrattenimento e riflessione sulla Sicilia e le donne. Cuttuni e lamé

Iscriviti alla newsletter e ai nostri contenuti speciali!

Vuoi farne parte? Con soli pochi step si entra in un mondo “privè” con alert sulle novità e tanti contenuti esclusivi. Registrati subito e accedi ai contenuti “Privè”