È davvero un nerd di cultura sconfinata Max Pezzali, una delle voci più amate del pop italiano. Starebbe per ore a raccontare cosa ha visto nell’ultimo documentario sul comportamento umano nel corteggiamento. O descrivere cosa ha scoperto nelle notti passate a cibarsi di video e informazioni musicali sui propri idoli. Lo abbiamo incontrato in occasione di un progetto discografico che celebra i suoi 25 anni di attività, l’album “Le canzoni alla radio”, che prende il nome dal singolo con Nile Rodgers e che unisce un album da studio a brani fondamentali del suo percorso musicale, quelli che le radio hanno trasmesso di più.
È un anno denso per Max. Dopo l’uscita del nuovo singolo “Duri da Battere” con 2 featuring d’eccezione quali Nek e Francesco Renga, Max Pezzali pubblica il doppio con 30 successi, 7 inediti e un rifacimento di un suo pezzo “che era passato troppo in sordina”, che è il remix 2017 di “Tutto ciò che ho”.
Il senso del successo per te oggi?
Riuscire ad arrivare alle persone, intercettare il loro sentimento e tradurre le proprie emozioni in modo che siano comprensibili e decodificabili dagli altri. Quando ci riesci è un grandissimo risultato.
Ti senti fortunato?
Credo di aver ottenuto quello che mi è arrivato raccontandomi in maniera diretta. Non posso fare canzoni a comando, è l’unico modo che conosco. Oltre a gratificarmi mi dà responsabilità perché quelle canzoni sono importanti e non devi deludere le aspettative, cercare di essere più onesto possibile. La chiave è quella: devi guardare al futuro tenendo conto del passato ma traendone insegnamento.
Il tempo è un elemento costante dei tuoi testi. Come si sopravvive al tempo?
Non puoi cercare di scrivere o fare l’arrangiamento del momento forzandoti. La chiave che dovranno trovare i ragazzi che fanno musica oggi, è cercare di mettere dentro i pezzi qualcosa che superi la coltre di attualità. Anche per me è così, la canzone rimane se si sgancia dalla contingenza. I riferimenti alla realtà funzionano, se metti nei testi Facebook probabilmente in futuro sarà percepito in maniera diversa. Qualcosa alla fine sopravvive, dipende se c’è del peso specifico. La canzone sopravvive se riesce ad attaccarsi alle persone al di là dei tempi che l’hanno generata.
Se pensiamo ai tuoi testi, però, qualcosa che non c’è più l’hai cantata.
Sì, come Weekend che contiene un riferimento allo Stadio Delle Alpi che è stato abbattuto, o quando cantavo dei jeans Roy Roger’s. Però io quando rifaccio quei pezzi penso all’emozione che li ha generati, non a quello che volevo dire all’epoca. Ovviamente sono andato avanti, ma il processo è lo stesso. E vedo che questa attitudine si riflette anche nel pubblico.
Cosa ti entusiasma di più in questo mestiere?
C’è l’esordio incosciente, dove vuoi spaccare tutto. C’è poi la fase del miglioramento, cerchi di progredire. E poi arriva il momento in cui non senti più all’aggiornamento, puoi pensare di divertirti e superato una certa età fai solo quello che ti piace, non ti trattieni, te la godi di più. Salire sul palco dei concerti nel momento in cui si inizia a cantare la prima canzone, è sempre una botta emotiva che ancora oggi non riesco a gestire. I primi 30 secondi sono assolutamente casuali. È una vertigine, una visione, vedi tutto ma male, non si sono ancora abituati gli occhi dal buio del backstage. Tutto ciò rende il mio lavoro straordinario.
Questo nuovo album è un progetto che esce dai canoni della discografia: sei protagonista di un trio, celebri la tua carriera e fai pezzi nuovi. Tutto in un disco.
Se non l’avessi fatto qualcuno me l’avrebbe chiesto. Ho compiuto 50 anni e quindi è una raccolta che ha senso. Nel frattempo è successo che Duri da Battere era sospesa, non mi convinceva la sua tonalità e la soluzione sono state le voci di Nek e Renga. Con tre voci caratterizzate diversamente la canzone ha svoltato.
Cosa stai progettando con loro oltre il tour?
È già tanto se arriviamo al 20 gennaio 2018 pronti per il concerto, con tutti gli impegni a incastro che ci sono. Ma è una prova bellissima, eravamo tutti e tre convinti che ci fosse bisogno di novità, oltre che cambiare le scalette, riproporre le stesse cose anche se con scenografie diverse. Ci siamo messi alla prova con i nostri tre strumenti diversi, che sono le nostre voci, sui repertori di tutti e tre. Ci è sembrato divertente, può dare un valore aggiunto: Fatti Avanti Amore, Come Mai o Angelo fatte da tutti e tre è un punto di vista diverso. Per me è un modo per dare qualcosa di più ai fan degli altri. Siamo abituati a cantare davanti al nostro pubblico, la sfida è di convincere i fan degli altri due. Vuoi fare bella figura tu e farla fare ai tuoi soci. È una delle cose più stimolanti che potessero succedermi. Un’opportunità pazzesca. Il tour ci aiuterà a confrontarci, non essere universi chiusi. Serve qualcosa per aprire la mente e riposizionarsi. Per me è come se fosse il primo tour della vita.