13 Luglio 2020

Maria Jole Serreli, fiber artist a Cagliari

Artista romana, trasferitasi in Sardegna. Il rapporto con i ceramisti cinesi e la grande poliedricità della sua arte.

13 Luglio 2020

Maria Jole Serreli, fiber artist a Cagliari

Artista romana, trasferitasi in Sardegna. Il rapporto con i ceramisti cinesi e la grande poliedricità della sua arte.

13 Luglio 2020

Maria Jole Serreli, fiber artist a Cagliari

Artista romana, trasferitasi in Sardegna. Il rapporto con i ceramisti cinesi e la grande poliedricità della sua arte.

A Cagliari, presso EXMA EXhibiting and Moving Arts fino all’11 ottobre 2020 c’è una bella mostra di Maria Jole Serreli, pittrice, scultrice, fiber artist e performer, capace di declinare i differenti linguaggi dell’arte contemporanea secondo una cifra personale e sempre riconoscibile. Nata a Roma nel 1975, vive e lavora a Marrubiu, un remoto comune nella provincia di Oristano.

Dopo la lunga chiusura per il COVID e la breve parentesi di riapertura con la “coda” della mostra dedicata a Keith Haring, l’ EXMA riapre le sue sale e inaugura la stagione estiva l’11 luglio con A casa mia avevo tre sedie, una nuova produzione originale e site specific dedicata all’opera dell’artista Maria Jole Serreli, curata dalla storica dell’arte Simona Campus, direttrice artistica del centro comunale d’arte di via San Lucifero.

Con questa iniziativa si chiude il ciclo di inaugurazioni di nuovi progetti che riguardano, oltre l’EXMA, I centri comunali d’arte Il Ghetto e il Castello di San Michele.

Nella corte dell’EXMA e nella grande Sala delle Volte la mostra riscostruisce minuziosamente le stanze della casa-atelier che, a Marrubiu, nella provincia di Oristano, l’artista ha ricevuto in eredità da una prozia, in realtà, per lei, una seconda madre, trasformandola in luogo di sperimentazione e dialogo artistico. Tutti gli arredi e gli oggetti che la casa conteneva – profondamente connotata dal passaggio di esistenze femminili – sono stati conservati, i corredi e finanche il più piccolo lembo di tessuto sono stati salvati e utilizzati per la realizzazione di lavori originali, che tracciano un ponte tra passato e presente.

Visitabile sino all’ 11 ottobre, A casa mia avevo tre sedie è un progetto del Consorzio Camù, realizzato con il patrocinio del Comune di Cagliari, del Comune di Marrubiu e del comune di Ronghchang, nella Repubblica Popolare Cinese, ed è sostenuto dal contributo della Fondazione di Sardegna. L’artista ha partecipato all’International Ceramics Forum, a Chongqing, nello storico distretto della ceramica di Rong Chang, Cina, nell’ambito del progetto governativo “One Belt One Road”. Alcuni dei lavori elaborati in relazione a questa iniziativa vengono esposti per la prima volta qui all’EXMA.

“Come molte istituzioni culturali, nazionali e internazionali – dice Simona Campus nella presentazione del progetto – durante i mesi della pandemia abbiamo lavorato per non interrompere – malgrado la chiusura – il rapporto con gli artisti e con il nostro pubblico, sviluppando progetti concepiti per essere fruiti online e sperimentando proposte che ci consentissero di continuare a essere comunità, seppur chiusi entro le mura domestiche. Di tale progettualità, anche adesso che l’emergenza sembra farsi meno pressante, facciamo tesoro per continuare ad ampliare i nostri orizzonti, in una prospettiva di continuo rinnovamento; allo stesso tempo, la riapertura dei nostri spazi fisici ci pone domande importanti sul ruolo che l’arte può e deve avere, dopo un’esperienza così difficile, nel processo di rinascita, a partire dalla necessità di ricostruire con pazienza la fiducia gli uni negli altri e di recuperare l’empatia dello stare insieme, anche se con regole nuove. Per rispondere alle sfide di un così delicato frangente scegliamo di ricominciare dal territorio, dall’arte che nasce in Sardegna per continuare a guardare al mondo, con responsabilità, ma senza paura. E  scegliamo di ricominciare dall’idea di casa, non più o non soltanto luogo di confino – come è stato nei mesi appena trascorsi – ma come campo di forze in cui si costruisce la nostra identità più vera”

Da questi presupposti nasce “A casa mia avevo tre sedie, che presenta in una dimensione installativa inedita gli ultimi cinque anni di ricerca dell’artista Maria Jole Serreli. La mostra riscostruisce le stanze della casa-atelier che, a Marrubiu, nella provincia di Oristano, l’artista ha ricevuto in eredità da una cara prozia, in realtà, per lei, una seconda madre, trasformandola in luogo di sperimentazione e dialogo artistico. Tutti gli arredi e gli oggetti che la casa conteneva – profondamente connotata dal passaggio di esistenze femminili – sono stati conservati, i corredi e finanche il più piccolo lembo di tessuto sono stati salvati e utilizzati per la realizzazione di lavori originali, che tracciano un ponte tra passato e presente. Ne deriva una narrazione affascinante, intensa, che scandaglia nel profondo: spazio di vincoli forti e altrettanto forti desideri di emancipazione, di conquista della libertà, la casa è uno sfaccettato, incoerente microcosmo, in cui albergano affetti e solitudini, vociare di amicizie ma anche silenziose inquietudini, rimpianti, sconfitte. A questo composito racconto fa riferimento il titolo della mostra, che cita un passo del filosofo e scrittore Henry David Thoreau: «a casa mia avevo tre sedie: una per la solitudine, due per l’amicizia, tre per la società».

L’esposizione, articolata come un succedersi di ambienti-installazioni, preceduti  da un ulteriore intervento appositamente studiato per il piazzale dell’EXMA, presenta in ogni stanza differenti nuclei di opere, coincidenti con altrettanti momenti della ricerca di Serreli, che, figlia d’anima, fa della memoria e delle radici un forte strumento di connessione con il pianeta globale: coerentemente,  il percorso si snoda attraverso gli oggetti che sanno riscoprire, con sensibilità, la poesia delle piccole cose, che cercano di recuperare un rapporto armonico con la natura, con la terra, il legno e la pietra della nostra isola, intervallati da un corpus di lavori recenti, mai esposti prima d’ora, realizzati dall’artista nell’ambito di uno scambio culturale con la Cina, a raccontare in maniera ancor più significativa il nostro tempo.

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