“Is that a blue moon?” scherza Liam Gallagher alla fine del suo concerto milanese indicando una luna piena direttamente dal palco. I trentamila che affollano l’ippodromo Snai di Milano sono per nulla abbattuti da caldo, ressa e attesa. Vogliono di più, ma l’ex voce degli Oasis crudelmente termina il suo set di 80 minuti con la nostalgica “Champagne Supernova”.
Un concerto, alla quinta serata dell’affollatissimo I-DAYS MILANO COCA COLA, che ha dato molto al cantante britannico, più di quanto abbia dato lui al suo pubblico. Dalla sua, Liam ha un repertorio ineguagliato, e i classici del gruppo madre li sfodera bene senza pudore, attaccando con “(Whats the story) Morning Glory”, il classico del 1995. Ha saccheggiato con prudenza solo i singoli dai suoi primi due album solisti (“As You Were” e “Why Me? Why Not”) e dato un assaggio parco di “C’MON YOU KNOW”, l’ultimo disco che compie in questi giorni un anno dal lancio. La matrice 60s è sempre ben salda nella scrittura del fratello turbolento di Manchester, le mosse e la postura sono ferme nel tempo degli antichi fasti. Ma il pubblico lo ama così, e dopo anni di assenza dal circuito live Liam ha avuto un giusto tributo di folla. Anche se la sua performance è stata molto misurata, sapientemente condita da una band precisa senza sbavature (mancava di certo il guizzo creativo negli arrangiamenti) e una vocalità del frontman che ha retto per tutti i pezzi. Ed è stata una performance che è servita specialmente per riaccendere il mito degli Oasis presso nostalgici e nuovi adepti che si erano persi la prima ondata Brit Pop.
Molto energetici e con un sound cristallino gli statunitensi The Black Keys, appropriatamente sistemati nella stessa serata di Gallagher. Sebbene il loro successo sia più recente, il dna rock della band di “Lonely Boy” condivide molto con le radici di Gallagher. Un set che ha entusiasmato la folla che già dal pomeriggio li aspettava per la data milanese. Molti erano venuti per loro e il boato è esploso su “Wild Child” e “She’s Long Gone”.