Essenziale ed evocativa. “Pigre divinità e pigra sorte”, la nuova mostra di Alessandra Baldoni in programma dall’8 novembre al 20 dicembre nel nuovo spazio espositivo Lab 1930 di via Mantova 21 a Milano, è il racconto di un “tempo sospeso” nel mezzo della radicale metamorfosi estetica e funzionale della Galleria Nazionale dell’Umbria, voluta dal suo direttore Marco Pierini e ultimata nel giugno di quest’anno.
La mostra, patrocinata dal Comune di Perugia e dalla stessa Galleria Nazionale dell’Umbria, è accompagnata da un photobook dedicato in 40 esemplari firmati e numerati e da un libro d’artista in 30 copie contenenti una stampa Fine Art di Alessandra Baldoni.
LA MOSTRA
Le sei opere fotografiche esposte a Milano – tutti dittici selezionati accuratamente dall’autrice insieme alla curatrice Elena Carotti – svelano il “corpo a corpo” in solitudine che Alessandra Baldoni, nata a Perugia nel 1976, ha avuto il privilegio di avere con opere d’arte di inestimabile valore, ma in quella precisa circostanza “nude”, vulnerabili, prive temporaneamente della loro sacralità: “Ricordo il silenzio, il mio muovermi cauta e stupita tra opere movimentate, segni lasciati sul muro come una sacra usura, chiodi e buchi che richiamano il sangue di piedi trafitti lì accanto; leoni dal fiero sguardo e fili scomposti, prese che portano la luce che si posa sulle aureole degli angeli, imballi e carte a proteggere qualcosa di prezioso, il divino consumato dal tempo, stuccature, viti. E poi la polvere, l’imperfezione in attesa di guarigione, i volti di santi martiri, angeli e divinità come appesi a una domanda: loro, gli eterni, che si chiedono del futuro, in attesa del cambiamento, della rivoluzione”.
Alessandra Baldoni narra uno smarrimento, personale e delle opere stesse, di fronte a una transizione che ha segnato un cambiamento epocale per un luogo come la Galleria Nazionale dell’Umbria che oggi guarda avanti con nuovi modi di raccontare e vivere l’arte, tra passato e contemporaneità.
I dittici fotografici in mostra a Milano – uno dei quali entrerà a far parte della collezione permanente della Galleria Nazionale dell’Umbria – riflettono sulla trasformazione e la persistenza del sacro e del sublime in una fase di passaggio, dove l’artista estrapola frammenti e isola dettagli di opere meravigliose mettendoli a confronto con strumenti semplici ma allo stesso tempo fondamentali di ogni trasformazione architettonica come un groviglio di cavi, una spina, un tassello nel muro, dei chiodi o un rotolo di pluriball.
Il caos generato durante la fase di riallestimento della Galleria Nazionale dell’Umbria, insieme ai segni-impronta lasciati dalle opere staccate dalle pareti o spostate dal pavimento, diventano per Alessandra Baldoni tracce di un trapasso temporaneo, trasformando opere d’arte che solitamente incutono stupore e rispetto in esistenze fragili e vulnerabili del sublime.
Elena Carotti: “Alessandra sottolinea forme che si rincorrono tra i secoli, crea rimandi tra i dettagli dell’opera e i dettagli del suo ricovero, e sembra lasciare aperta la domanda se gli strumenti di cura e sostegno non siano invece strumenti di dolore, ferri che hanno martoriato piedi insanguinati o torturato corpi trasportati nei sudari”.
Le opere esposte, ognuna delle quali rimanda idealmente all’altra senza per questo arrivare mai a una narrazione lineare, sono accompagnati da brevi suggestioni poetiche scritte dalla stessa artista, dove immagini e parole assumono la stessa valenza.