Triennale Milano e Fondation Cartier presentano in Italia la prima mostra personale del fotografo e regista francese Raymond Depardon, realizzata con la complicità dell’artista francese Jean Michel Alberola. Grandi gigantografie, stanze tematiche suddivise per luoghi fotografici immortalati dal maestro della street photography sono le caratteristiche principali di questa esposizione. Che è anche un modo per approfondire la ricerca di Depardon che esplora mondi e contesti molto diversi: dalle comunità rurali francesi alle periferie urbane di Glasgow, dalla vita nella New York degli anni Ottanta agli ospedali psichiatrici in alcune città italiane negli anni Settanta.
“C’è mescolanza ma coerenza in tutta questa mostra – racconta il mitico fotografo della MAgnum Photos nel documentario annesso alla mostra – perché quando guardo le foto a colori delle sotto-prefetture francesi e le altre, vedo che ci ho messo tutto l’impegno per una tecnica impeccabile”.
Depardon, che si diceva impreparato a cogliere le cose straordinarie nella fotografia di strada, ha fatto scuola. La sua serie negli ospedali e nelle strade americane (dove ha sperimentato la foto da obiettivo tenendo la camera appesa al collo) sono testimonianze preziose di epoche del Novecento. La vita di strada che ha immortalato ha fatto da linea guida allo sviluppo di tutta la successiva street photography mondiale.
Alla Triennale di Milano si ha la possibilità di vedere perché da alcuni scatti nei manicomi italiani nacque l’amicizia con Franco Basaglia, ispiratore dell’omonima legge che in Italia cancellò i manicomi nel 1978, e in generale apprezzare la grandezza dell’operato di Depardon. Che dice a fine documentario: “Sono sorpreso da quello che ho fatto, non me ne rendevo conto. Questo è un bel regalo”. E lo è anche per i visitatori.