L’arte è di chi la fa o di chi la vede? Un interrogativo sommo, oseremo dire, che viene in mente quando si è investiti dalla poetica delle foto del lavoro che emerge dalla terza edizione della Biennale Foto/Industria 2017 di Bologna. Il mondo del lavoro in tutte le sue forme, con particolare riferimento ai temi dell’identità e dell’illusione in fotografia, è al centro del festival visibile fino al 19 novembre, promosso dalla Fondazione Mast in collaborazione con il Comune di Bologna e sotto la direzione di François Hébel.
Nel programma quattordici mostre che si svolgono in 13 siti storici del centro cittadino e al MAST.
Per il tema dell’identità scelti i lavori di tre grandi fotografi: il russo Alexsandr Rodčenko con una selezione originale di opere dal Museo di Arte Multimediale di Mosca; il ceco Josef Koudelka con una eccezionale mostra di paesaggi industriali fotografati nell’arco di trent’anni, l’americano Lee Friedlander con le migliori immagini realizzate per l’impresa nel corso della sua carriera.
Per il tema dell’illusione si spazia da un prezioso corpus di fotografie di un anonimo fotografo del primo Novecento su una città americana costruita per lo sfruttamento del carbone al ciclo American Power di Mitch Epstein che documenta, un secolo dopo, come la produzione di energia sia onnipresente nello stesso paesaggio; dai francesi Mathieu Bernard-Reymond, che trasforma in composizioni astratte fotografie di siti di produzione energetica e Vincent Fournier con imponenti immagini sull’addestramento degli astronauti e sui robot umanoidi al catalano Joan Fontcuberta con le sconvolgenti prove fotografiche sul cosmonauta sovietico che avrebbe dovuto essere il primo uomo sulla luna (in foto d’apertura di questo articolo); dallo svedese Mårten Lange che racconta la solitudine degli impiegati negli spazi di lavoro di oggi e la complessità delle più sofisticate apparecchiature da laboratorio al giapponese Yukichi Watabe che, con una ambientazione da film noir, segue sul campo un ispettore di polizia in una indagine criminale nel Giappone post Seconda guerra mondiale; all’inglese John Meyers autore di un lirico reportage sugli stabilimenti industriali dismessi che attendono la riconversione in uffici.
Scelti per il tema dell’illusione anche gli italiani Michele Borzoni, con immagini di sconfinati spazi di lavoro nelle società di servizi di oggi, Mimmo Jodice con le inedite immagini dei bambini al lavoro nelle vie di Napoli, testimoni del suo impegno civile negli anni Settanta e Carlo Valsecchi, autore di un importante reportage sul più grande stabilimento italiano costruito negli ultimi venti anni.
Al MAST le immagini di Thomas Ruff ci raccontano macchine, utensili di lavoro, lavoratori, prototipi, di grande impatto visivo e superba qualità tecnica. François Hébel Direttore Artistico di Foto/Industria dice che l’esposizione ”coniuga il piacere della fotografia allo sguardo sensibile degli artisti sostenendo una concreta politica di incentivo alla creazione originale di esposizioni”.