Luce della Montagna, a cura di Filippo Maggia, prodotta dalla Fondazione Brescia Musei e da Skira, è una mostra appena aperta nell’anno di Bergamo e Brescia Capitale della Cultura Italiana in grado di analizzare l’universo iconografico della montagna attraverso le opere di quattro maestri della fotografia: Vittorio Sella, Martin Chambi, Ansel Adams, Axel Hütte.
La rassegna si presenta con una formula innovativa: non una collettiva di quattro autori, quanto un progetto composto da quattro personali che documentano, attraverso 120 immagini complessive, la loro particolare attitudine nello sviluppare una fotografia della natura montana, facendo vivere allo spettatore una esperienza unica.
Il percorso si apre idealmente con 40 scatti di Vittorio Sella (Biella, 1859-1943) che analizza il suo progressivo passaggio da una fotografia ampiamente descrittiva e documentaria a un’altra che intende interpretare e celebrare la bellezza della natura e, in particolare, le montagne: dalle Alpi e le Dolomiti, al Ruwenzori in Africa, le montagne del Caucaso, il Sikkim incuneato tra Tibet, India e Bhutan, il Karakorum himalayano, l’Alaska.
Le fotografie di Vittorio Sella rivelano una nitidezza e ricchezza di dettagli quasi impensabile considerando che furono realizzate tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento; lastre di vetro spesso preparate in loco e, nel caso delle spedizioni in Asia o Africa, dopo mesi di avvicinamento a piedi.
Tra le particolarità, la rassegna bresciana ospita una fotografia di Sella scattata dallo stesso campo base dal quale Compagnoni e Lacedelli partirono per conquistare la vetta e che usarono per tracciare la via per salire in vetta.
Di Martin Chambi (1891-1973), fotografo peruviano attivo nei primi decenni del secolo scorso, vengono presentate 40 immagini, appositamente stampate per l’appuntamento bresciano dalle lastre di vetro emulsionate originali, le stesse che venivano trasportate a dorso di mulo su e giù per le Ande, che restituiscono le prime vedute di Macchu Picchu, di Pisac, Kenko e Sacsayhuamán celate fra le Ande, ma soprattutto inquadrano la vita sociale quotidiana delle popolazioni andine in un racconto etnografico di valore inestimabile.
Le 30 magnifiche fotografie di Ansel Adams (1902-1984), maestro statunitense tra i più celebrati del Novecento, esaltano la maestosità della natura, in particolare la nuova frontiera del West americano. Realizzate intorno alla metà del secolo scorso, le immagini rivelano una natura ancora incontaminata, quasi eroica, di grande respiro, dove le montagne dominano senza incombere, al contrario paiono proteggere l’uomo, guidarlo verso il futuro e il progresso. Particolarmente curata è la tecnica realizzativa e la stampa, nonché la sua paziente lettura del tempo al fine di registrare il paesaggio nella sua forma più autentica e primitiva. Ambientalista ante litteram, Adams affermava che “ogni giorno devo scrivere ai giornali per ricordare loro l’importanza dell’ambiente e della sua difesa”.
Axel Hütte (Essen, Germania, 1951), per certi versi, rappresenta l’evoluzione e la sintesi contemporanea di Sella e Adams. Allievo di Bernd e Hilla Becher, uno dei cinque protagonisti della cosiddetta Düsseldorf Academy (con Andreas Gursky, Thomas Struth, Candida Höfer e Thomas Ruff), Hütte è un instancabile viaggiatore, grande camminatore e ciclista semiprofessionista, perfezionista dell’immagine analogica, paziente e tenace nella sua ricerca della fotografia “completa” ove ogni dettaglio deve aderire a un progetto di immagine che è innanzitutto costruito nella sua mente. Quella di Hütte è una lettura architettonica della montagna, dei suoi volumi che si collocano nello spazio, sospesi fra terra e cielo, veri e propri monumenti naturali.
Qui sonopra due fotografie di Ansel Adams. Da sinistra, “Cypress Pebble Beach” (1967) e “Mount Goode from North” (1958) entrambe Fondazione di Modena FMVA The Ansel Adams Publishing Trust.
Filippo Maggia, curatore della mostra racconta: “La montagna è un soggetto difficile da ritrarre. Abbiamo iniziato pensando di organizzare una mostra collettiva in grado di avere una sfaccettatura esaustiva dell’interpretazione della montagna. Una mostra di questo tipo deve accogliere un pubblico che spazia in molti ambiti, non solo di appassionati. Poi abbiamo pensato di elaborare un progetto su autori che hanno dettato uno stile nella fotografia di montagna. Ansel Adams negli anni Quaranta scriveva di avere come riferimento Vittorio Sella. Era d’obbligo, quindi, partire dalle sue opere. Una selezione importante che raccoglie alcuni dei capolavori di Sella, che è stato alpinista e al tempo stesso fotografo, è quindi l’inizio del percorso”.
Gli organizzatori parlano quindi di quattro straordinarie personali e non di una collettiva, in un territorio come Brescia che la montagna l’ha sempre vissuta, anche se a valle. Ognuno ha la sua specificità.
Axel Hütte ha prodotto opere espressamente per questa mostra e spazia tra foreste, fiumi e rovine archeologiche oltre che in montagna. Realizza opere in grande formato che attraggono lo spettatore, un invito a entrare nell’opera, dice il curatore. Adams che è molto conosciuto ma ha una produzione rara, è stato molto complicato avere gli originali.
Sella si dipinge come fotografo d’azione: stampava all’albumina foto che raccontano Alpi, Tibet, Caucaso e Alaska. Un viaggio a Brescia Capitale della Cultura 2023 nella sua produzione dal 1880 fino si primi decenni del 900.
Martin Chambi invece racconta la vita delle comunità andine facilitato dall’essere nato in alta quota: è stato un fotografo perennemente in viaggio per le Ande il cui merito è già riconosciuto in America, ma questa occasione è la prima grande esposizione per il pubblico italiano.
Il sindaco di Brescia, Emilio Del Bono sottolinea all’apertura: “Questa è una mostra che merita di essere vissuta oltre che osservata. Brescia è ai piedi della montagna e abbiamo trovato un modo per arrivare al cuore delle persone. Regalare al visitatore un’attitudine per guardare con occhi diversi ciò che ci circonda. L’appuntamento fotografico realizza uno dei filoni di riflessione del dossier della candidatura a capitale cultura della nostra città per la propensione a guardare anche l’alto, in un rapporto spirituale e immateriale con la natura circostante“.
Un percorso che piacerà quindi molto ai turisti e agli amanti della fotografia, ma anche ai bresciani che riconosceranno paesaggi che, anche se così distanti, risultano molto simili nella dimensione emotiva alle vicine Alpi.
BRESCIA PHOTO FESTIVAL (VI edizione)
CAPITALE
Brescia, sedi varie
24 marzo – 27 agosto 2023
Informazioni:
Fondazione Brescia Musei
tel. 030.2977833 – 834 | santagiulia@bresciamusei.com