Promosso da Comune di Milano-Cultura e prodotto da Palazzo Reale con Electa, il progetto di mostra dedicato al grande artista milanese “Baj chez Baj” appena aperto a Milano, è curato da Chiara Gatti e Roberta Cerini Baj e conta quasi cinquanta opere distillate in un arco temporale che dai primi anni Cinquanta giunge all’alba del Duemila, attraversando le fasi di ricerca e adesione ai movimenti del tempo.
Fulcro dell’esposizione magistralmente assemblata nella suggestiva sala delle Cariatidi è l’opera I funerali dell’anarchico Pinelli, un capitolo di svolta fondamentale nel lavoro di Baj, un
passaggio formale nella sua ricerca estetica con soluzioni ambientali e teatrali. L’opera è per la prima volta integrata in un percorso espositivo grazie a un dialogo puntuale con i Generali e con la Parata a sei che, in particolare, ne è il prodromo, il diretto antecedente, sia come studio formale ritmico della composizione, sia nella critica caustica a ogni forma di sopruso e militarismo. I Funerali tornano a Palazzo Reale, a distanza di 12 anni dall’esposizione ‘in solitaria’ in sala delle Cariatidi e a 52 anni dalla loro realizzazione, in un allestimento inedito che li vede inseriti come un tassello essenziale nell’evoluzione dell’opera del maestro.
Milano giustamente celebra Enrico Baj (Milano, 31 ottobre 1924 – Vergiate, 16 giugno 2003), uno dei maestri della neoavanguardia italiana e internazionale, con un’ampia retrospettiva protagonista delle mostre d’autunno, studiata per ripercorrere tutti i temi e i soggetti della sua lunga e poliedrica esperienza.
Baj torna a Palazzo Reale nella Sala delle Cariatidi, a cent’anni esatti dalla nascita, a dodici anni
dall’esposizione, nella stessa sala, de I Funerali dell’anarchico Pinelli, che per la prima volta sono
integrati in un percorso antologico e in un dialogo puntuale con altri lavori del maestro.
Si va dal recupero del Dadaismo e del Surrealismo ai modi dell’arte Informale, dalla vicinanza al gruppo nordico di Co.Br.A alla genesi del movimento dell’arte Nucleare, che Baj fondò a Milano con Sergio Dangelo nel 1951. Partendo dall’astrazione gestuale degli esordi, passando per la nascita delle sue larvali figure antropomorfe e per l’eruzione delle montagne liquefatte nel corpo magmatico dei Generali, si tocca la parodia delle invasioni extraterrestri per approdare all’esercito dei Meccano e al mondo animato delle cassettiere e dei trumeau.
I suoi personaggi, entrati nell’immaginario comune, le Dame e i Generali, gli Ultracorpi, gli Specchi,
i Mobili e i mostri dell’Apocalisse animano una giostra di creature frutto dell’universo surrealista
e insieme fantascientifico di un autore che ha fatto dell’ironia e del grottesco un grimaldello per
scardinare il conformismo borghese e schierarsi contro ogni forma di potere costituito.
La sua celeberrima estetica del ninnolo e della passamaneria, delle nappe e dei bottoni lucidi come
mostrine sui petti tronfi dei suoi militari blasonati, è il filo conduttore destinato a cucire, per sezioni,
i temi giganteschi della poetica di Baj, liberati da una rigida sequenza cronologica o di genere, con
continui rimandi fra arte e letteratura, colori e parole, seguendo una sorta di sceneggiatura che,
anche in sede di allestimento, suggerirà allo spettatore un tempo e uno spazio teatrali.