Irene Fornaciari, con la sensibilità che la contraddistingue, si racconta. Lei, apparentemente fragile, ha combattuto il suo “drago”. Una bambina introversa che con la musica, ha trovato la strada, la sua. Poi improvvisi, inspiegabili, gli attacchi di panico a impedirle anche di fare le cose più semplici. Irene, non si arrende e riesce a domarli. Oggi sorride ma regala la sua esperienza per essere di aiuto, con le sue parole, la sua musica a chi ancora “ha un boato sotto il respiro”.

“Grande mistero”, testo e musica di Davide Van De Sfroos. Una canzone alla quale sei molto legata. Perché?
Nel 2011 a Sanremo, duettai con Davide Van De Sfroos, con la sua “Yanez”. In seguito, quando era possibile, nei suoi concerti, mi invitava a cantarla con lui. Così, dopo il suo spettacolo a Genova, dove allora abitavo, cenammo insieme. Una bella serata in cui mi confidai con Davide. Lui, apparentemente burbero, è in realtà una persona sensibile e attenta. Stavo scrivendo il disco nuovo e desideravo partecipare a Sanremo. Mi confidai con lui, parlandogli di come, in quel periodo, soffrissi di attacchi di panico. Senza pudore, raccontai di come “ingabbiassero” la mia vita, impedendomi di fare le cose più normali. Lui mi ascoltò con attenzione, mettendomi a mio agio. Poco dopo, con una telefonata, mi disse di avere un provino per me, registrato, solo chitarra e voce, sul telefonino: Grande Mistero, è arrivata così.
“Lune a dondolo
Io ne ho cavalcate su strade proibite
E sotto il rasoio dei giorni
Di cose ne ho perse ma
Monete di sole io ne ho messe in tasca
E palle di ghiaccio, colpite di testa
Ma questo boato che ho sotto il respiro
Rimane il mio grande
Grande mistero eh yeah”
Cosa hai provato al primo ascolto?
Ho pianto; parlava di me. Ero in quelle parole, con le mie paure e il mio “drago”, come Davide Van De Sfroos, quella sera lo chiamò. Un testo, apparentemente, ermetico, descriveva alla perfezione il mio dramma. Inizialmente avrebbe dovuto intitolarsi “Figlio e Padrone”, proprio a significare come si possa essere soggiogati da un problema del genere. Il nero del merlo, del gatto, del pipistrello e della notte a significare come gli attacchi di panico possano privarci dei colori. Il rasoio dei giorni, che in preda alla paura diventano taglienti. Di “cose ne ho perse”, opportunità negate dall’ansia.
“Monete di sole io ne ho messe in tasca” nascoste, perché il sole, i momenti sereni, non solo visibili neppure a noi stessi.
Sanremo 2012, con “Grande mistero”, che esperienza è stata?
Andai a Sanremo, senza raccontare il suo significato, o meglio dichiarai che parlava di fragilità umane, senza entrare nello specifico. Non avrei voluto passare come una vittima; inoltre ne stavo soffrendo e non mi andava di dover dare spiegazioni. Mi piace regalare energia positiva: dichiarare che gli attacchi di panico erano il mio problema, mi sembrava sbagliato. Solo in seguito ho capito che molte persone ne soffrono e avrei potuto essere loro di aiuto.
In che modo hai “domato il drago”?
Quando ho accettato il fatto di avere un problema, ho capito che lasciarli venire era l’unica possibilità di superarli. Fondamentale è stato aprirmi con chi avevo accanto, la famiglia, gli amici. Se posso dare un consiglio è proprio questo: non abbiate paura di mostrarvi fragili. E’ l’unico modo per diventare forti. Io disperata, mi sono confidata con papà che è stato il primo a dare un nome a quei disturbi che faticavo a capire. Lui stesso, ne ha sofferto. Parlarne con lui, essere compresa, mi ha aiutato a ridimensionare il problema. In seguito, ovviamente sono ricorsa anche a professionisti e il confronto con persone con lo stesso problema è stato fondamentale per riuscire a superarli.

La musica, che ruolo ha avuto?
La musica mi ha salvata. Scrivere o interpretare canzoni, equivale a fare della psicoanalisi. Un modo per scavarsi dentro e affrontare i propri fantasmi. Ognuno ha i suoi. Il palco, mi mette a mio agio, mi libera. Può succedere che appena su, mi prenda l’agitazione. Ma bastano poche note, la voce diventa il mio mantello, a proteggermi dalle paure. Sono libera di essere me stessa e mi regalo a piene mani al mio pubblico.
Oggi, si ostenta perfezione. Tu vai in “direzione ostinata e contraria”?
Viviamo in una società che ci vorrebbe tutti belli e forti. Un mondo che va veloce, non concede tempo per crescere, migliorare. Ti spremono come limoni e se non sei al meglio, ti buttano. Fingere di essere supereroi, non serve a nulla. Il bello sta proprio nell’essere se stessi. Affondare le mani in tasca e tirar fuori “le monete di sole”, que