Italia, giardino d’Europa e posto di vacanze. Temuta, ammirata, misteriosa e da scoprire, la penisola al centro del Mediterraneo appariva così ai viaggiatori del Nord Europa dal Settecento in poi. Erano loro, tedeschi, olandesi, francesi che diedero vita alla mitologia del Grand Tour, un’esperienza di conoscenza che coinvolgeva dapprima le città d’arte italiane. E quando la voce si diffuse tra i ricchi d’Europa, a scoprire le bellezze delle province e delle fasce costiere fino in Sicilia furono sempre più giovani di famiglie benesanti.
Una mostra alle Gallerie d’Italia di Banca San Paolo di Milano oggi sottolinea non solo la realizzazione artistica italiana, a lungo – e tuttora – sottovalutata, ma anche il ruolo estremamente influente della penisola nella cultura europea durante il periodo. “Gran Tour – Sogno d’Italia tra Venezia e Pompei” si muove tra opere d’arte dal Neoclassicismo e Romanticismo a opera di artisti italiani e stranieri, mai così numerosi sul nostro suolo, che esplorarono luoghi e monumenti, incontrando e ritraendo persone, restituendoci nelle loro opere il senso della vita e dell’eccezionalità di un’esperienza irripetibile.
Dagli anni Novanta del Novecento c’è stata una progressiva riscoperta dell’unicità di questa corrente, che passa dal sociale all’artistico, con l’aumento di una seria attività accademica in queste aree tra gli storici dell’arte, nonché da parte di tutti coloro che considerano argomenti intrinsecamente interdisciplinari come i viaggi e il turismo. L’origine del mito-Italia e di alcuni stereotipi turistici del nostro Paese sta proprio nei racconti e nei dipinti del Gran Tour.
Tra le città ritratte, Napoli era la più grande d’Italia nel 1700 e la quarta più grande d’Europa, nota per le sue bellezze naturali e ricchezze artistiche. Ad attrarre i viaggiatori furono soprattutto le rovine appena ritrovate delle città romane di Ercolano e Pompei, sepolte dal 79 d.C. da un’eruzione vulcanica del Vesuvio. La fascinazione internazionale di alcuni aspetti cardine della vita partenopea si deve a Sir William Hamilton, ambasciatore britannico in città dal 1764 al 1800, quando la dinastia borbonica spagnola governò il regno di Napoli e di Sicilia. Hamilton aveva una passione per i vasi e i vulcani, studiò geologia e vulcanologia e in quattro anni aveva scalato la montagna ventidue volte. Da qui alcune delle più famose vedute del vulcano napoletano fecero il giro del mondo: era anche un periodo in cui il Vesuvio era particolarmente attivo, con una media di più di un’eruzione all’anno. Ai viaggiatori stranieri, già intimoriti dall’attitudine e modo di vita dei locali (che spesso consideravano dediti agli estremi piaceri della vita e non alla cultura) le eruzioni sembravano un legame con il carattere passionale della terra e degli abitanti che avevano incontrato. Memorabile il dipinto, in bella esposizione alle Gallerie d’Italia di Milano, del Vesuvio ritratto da Pierre-Jacques Volaire, pittore francese che a Napoli morì.
Altri artisti si spinsero fino alla Sicilia, forse guidati dalla celebre frase del pensatore Johann Wolfgang Goethe che sottolineò come l’isola fosse “la chiave di tutto”. Nell’esperienza del letterato, che definì a tratti il suo passaggio in Italia nel 1787 tra “splendore e orrore”, è condensata tutta la poetica ed estetica che anima queste meravigliose opere, autentiche cartoline d’Italia di trecento anni fa. Fino al 27 marzo 2022 alle Gallerie d’Italia , Piazza Scala – Milano. Consigliata la prenotazione online ed è obbligatorio esibire il Green Pass