C’è una valle che attraversa i Monti Lattari, la catena montuosa che è la spina dorsale della Penisola Sorrentina. In questo spazio da quasi mille anni, la forza e bontà dell’acqua rende pregiati i prodotti che si ottengono col grano, dal pane ai biscotti alla pasta. Se fino a un certo punto della nostra storia moderna, la pasta era prodotto da accompagnamento per i fornai che panificavano, qui a Gragnano, provincia di Napoli, pochi chilometri da Sorrento, la pasta ha avuto una identità manifatturieta forte e di grande e autorevole dignità. Rinomata per l’export già in età antica, la pasta di Gragnano (riconosciuta IGP, Indicazione geografica protetta, solo 10 anni fa) è legata al territorio soprattutto per l’acqua.
Pura, limpida, non alterata da percorsi farraginosi, sgorga dai monti alle spalle della cittadina dopo essersi raccolta dal cielo sugli altipiani della penisola che guarda Capri. Si raccoglie come pioggia naturalmente, percorre 1000 metri e rispunta proprio dove c’erano i pastifici. Bene ricordare che qui la pasta essiccata è fatta solamente da semola di grano duro e acqua della falda acquifera locale. E oggi a Gragnano parte la Festa della Pasta che dopo due anni di assenza, per volere del consorzio dei produttori e del comune, mette in rete tutta la città con attività culturali a far da contorno alle degustazioni e agli eventi di conoscenza del pregevole prodotto.
A giudicare dai documenti rinvenuti risalenti al periodo normanno (1100 d.C.), i “Vermicelos” erano adoperati dal popolo fin da dopo l’anno Mille. Anzi, cerano i vermicellari e i maccaronari a Napoli che impedivano il dilagare delle bontà prodotte a Gragnano. Dopo il 1500 questa pasta ebbe la meglio, fino all’exploit delle esportazioni in America, quando se ne apprezzava la qualità e la buona fattura che anche per mesi di trasporto in nave ne ostacolava con successo lo svilupparsi di muffe.
Nel periodo di massimo splendore, si contavano 40 pastifici a Gragnano, tutti che sfruttavano la forza dell’acqua che attraversa la città. Oggi i lavori di recupero, seguiti anche da Legambiente, hanno restituito alla fruzione pubblica due pastifici (Porta Castello e Lo Monaco) e altri ne verranno in futuro. I resti con i tipici archi sono una testimonianza preziosa per essere lasciati all’incuria.
Quello che potrebbe diventare eco-museo in un parco urbano con la dicitura “Gragnano capitale europea della pasta” appena coniata, è un posto suggestivo anche ora. A soli 500 metri dal centro abitato si è catapultati in un altro mondo, con una sapiente illuminazione e una minuziosa opera di recupero, ambienti e giardini esterni alle millenarie strutture sono visibili a tutti.
Il professor Giuseppe Di Massa, profondo conoscitore della valle, ricorda: “Quando abbiamo incominciato il recupero, 10 anni fa, qui c’era una discarica e invece oggi è fruibile da tutte le famiglie che vengono a visitare, dal posto e da fuori. Una valle antica, con insediamenti di primi pastifici che risalgono al 1200 per il grano tenero. All’epoca si usava la pietra calcarea per le macine, mentre quando poi si passò da dopo il Cinquecento alla macina del grano duro, si iniziò a usare la pietra lavica del vicino Vesuvio. La valle è anche pregevole dal punto di vista della biodiversità, visto che qui cresce un terzo di tutte le specie di piante conosciute nell’intera zona. Già nel Settecento questo luogo era oggetto di interesse per le sue particolari condizioni climatiche”.
Gragnano 2022 propone in tre giorni ricette create da 18 chef. E in un palazzo storico adibito a sala conferenza sarà possibile ascoltare anche i risvolti culturali e sociali dell’abitudine di mangiar pasta e di saperla preparare.