16 Gennaio 2024

Fabio Cinti omaggia (con gusto) Branduardi

L'acclamato cantautore con il collega pianista lancia il disco "Guardate com'è rossa la sua bocca" e ci dice: "Non sono cover, c'è rispetto per la scrittura originaria".

16 Gennaio 2024

Fabio Cinti omaggia (con gusto) Branduardi

L'acclamato cantautore con il collega pianista lancia il disco "Guardate com'è rossa la sua bocca" e ci dice: "Non sono cover, c'è rispetto per la scrittura originaria".

16 Gennaio 2024

Fabio Cinti omaggia (con gusto) Branduardi

L'acclamato cantautore con il collega pianista lancia il disco "Guardate com'è rossa la sua bocca" e ci dice: "Non sono cover, c'è rispetto per la scrittura originaria".

In principio fu Franco Battiato. Col maestro siciliano Fabio Cinti, riconosciuto raffinato cantautore e amato interprete da chi ascolta oltre le mode, aveva collaborato (con un brano inedito, “Devo”, nel 2012) per poi cimentarsi col suo repertorio: è del 2018 la targa Tenco come miglior interprete per la sua rilettura de “La Voce del Padrone”, l’album da un milione di copie uscito nel 1981. Nel 2021, in occasione dell’anniversario, è stato chiamato a interpretare Battiato con l’Orchestra della Magna Grecia e con la band originale del maestro, composta da Angelo Privitera e Il Nuovo Quartetto Italiano. Ora, in un’ottica di probabile trilogia, è il turno di Angelo Branduardi, mito della scuola milanese degli anni Settanta. Il cantautore ha creato un genere personale rigenerando le tipiche atmosfere fiabesche ed epiche (medioevali, rinascimentali, celtiche…) grazie all’enfasi del cantato, agli arrangiamenti e alla scelta degli strumenti. Il tutto insieme ai riferimenti e alle costruzioni armoniche del passato. Quelle canzoni hanno però contenuti, una scrittura lirica e una metrica ben precise, spesso di forte impatto poetico.

Fabio Cinti con il piano di Alessandro Russo, lancia sul mercato la sua rilettura dell’opera di Branduardi in otto brani sotto il titolo di “Guardate com’è rosa la sua bocca”. Un disco colto e delicato, frutto di un’operazione estremamente rispettosa e dovuta a un grande della musica italiana. Nel disco, due sensibilità di estremo gusto, quelle di Cinti e Russo, si ritrovano a pieno unisono nella realizzazione di questi brani che esprimono a meglio, per molti versi, la vena creativa del grande protagonista lombardo che ha attraversato decenni con un repertorio notevole e di rara intensità.

“Il mio intento è cercare nell’interpretazione pura, dove l’interprete è al servizio della canzone e non viceversa, proprio la poetica che sta nella scrittura, sia della musica che dei testi. A ricantare Branduardi – e vale per quel pugno di grandi cantautori italiani di cui fa parte – si rischiano due cose: l’emulazione, non solo vocale, o la “coverizzazione”, ovvero quel processo attraverso il quale ci si autorizza a fare proprie delle canzoni personalizzandole a piacimento, offrendo versioni spesso modeste e inferiori alle originali. Questo non accade nella musica classica, dove il rigore esecutivo della scrittura è essenziale e quindi imprescindibile. Il mio approccio vocale e quello pianistico di Alessandro Russo è proprio figlio di questo rigore.”

“Fou de love” è l’estratto che ha anticipato la pubblicazione del disco: un brano il cui testo è stato scritto da Pasquale Panella in un miscuglio di lingue (italiano antico e moderno, inglese, francese, spagnolo, esperanto), in dialetto (napoletano) e con espressioni inventate. In questo pezzo, come per altri presenti nel disco, è stata aggiunta una breve introduzione – presa da un concerto di Branduardi -, per il resto la stesura è fedele all’originale. L’argomento della canzone, ovvero la disperazione d’amore, ha certamente influito sull’interpretazione.

“GUARDATE COM’È ROSSA LA SUA BOCCA” è il nuovo album per pianoforte e voce di Fabio Cinti e Alessandro Russo in occasione dei 50 anni di carriera di Angelo Branduardi disponibile dal 12 gennaio 2024.

Che risposta state avendo dal pubblico dalla pubblicazione del disco?

Per il responso completo c’è bisogno di più tempo, ma il clima mi sembra buono, è stata capita la nostra volontà di seguire regole molto precise, senza dimostrare niente o mettere la mia personalità in primo piano. Abbiamo trattato le canzoni come avrebbe fatto un musicista classico. Noi siamo a servizio della canzone di Branduardi.

Chi sceglie la direzione in fase di preparazione?

Io sono più grande quindi ho avuto l’idea per primo ma mi fido molto di Alessandro Russo. Un musicista che ha un’estetica notevole e gusto interessante. La scelta dei brani è ricaduta su quelli che abitualmente suonavamo per noi, per gli amici, nelle case. A un certo punto ci siamo detti: funzionano e dobbiamo studiare gli arrangiamenti vasti, complessi, del loro autore con grande emotività. E così sono diventati parte di un disco, che non è una raccolta di cover, perché qui le canzoni si riconoscono.

“Con questo semplice video abbiamo voluto ricreare l’atmosfera che c’è quando io e Alessandro suoniamo e cantiamo le canzoni di Branduardi, questa volta sullo sfondo di pianoforti e altri strumenti antichi in questo strano liutaio di Padova. Insieme, la condivisione delle fasi di registrazione allo Studio2, che è sempre un momento di serio divertimento.”

Quindi è evidente che tu sia un amante della fedeltà…

Sono per la fedeltà all’originale in musica, perché cambiare i grandi, De Gregori, De Andrè o Battiato, se quelle canzoni hanno avuto successo e sono diventate intergenerazionali? Ovviamente in questo disco ci sono io che canto, posso cambiare il timbro e si può cercare di migliorare riducendo, mai aumentando. Faccio l’esempio del tiramisu alla fragola: se lo si vuole cambiare, che lo si chiami in altro modo.

Come vi trovate a confrontarvi con repertori così alti?

È un nostro punto di vista, ovviamente. Lo studio su Branduardi è arrivato sulla scia della targa Tenco per la raccolta de ‘La Voce del Padrone – Un adattamento gentile’, che è stato un disco realizzato da me con archi e cori. Sarebbe tempo di concludere trilogia e c’è tanto materiale da rivisitare ma non abbiamo deciso quale autore scegliere. A volte penso che si potrebbe anche andare su nomi meno conosciuti ma di alta qualità come Herbert Pagani.

Quando si rimaneggia il repertorio altrui c’è anche un tema temporale: ti vincola la presenza dell’artista in vita?

Non c’è differenza se la personalità che omaggiamo sia viva o morta, è l’opera che conta. Senza dimenticare che l’autore l’ha fatta in un determinato momento storico. Battiato era ancora vivo quando l’ho omaggiato. Nel caso di Branduardi si tratta di un artista vivo che spero continui a produrre.

L’hai incontrato mai?

L’ho conosciuto, sì, introdottomi da Fabio Zuffanti ed Elisabetta Sgarbi. Abbiamo cenato assieme, è stato un gentiluomo. Abbiamo parlato delle spedizioni, delle sue passioni. Ci siamo sentiti successivamente quando era pronto il disco e mi ha detto che gli era molto piaciuto. Credo sia davvero speciale, è una persona con le antenne.

Credi sia abbastanza riconosciuto tra i grandi della musica italiana?

Un pezzo come alla fiera dell’est lo conoscono tutti, è chiaro che i ragazzi giovani fanno fatica. Ora viviamo nell’avvallamento, con un momento di stagno, ma vedo che ritorna il gusto per armonie e melodie più classiche per i grandi. Era successo con la fine degli anni Ottanta, ciclicamente succede perché c’è stanchezza.

“Domenica e Lunedì” (1994), l’album di Angelo Branduardi che contiene “Fou de love”.
Alessandro Russo (sinistra) è un pianista e compositore nato a Stoccarda nel 1986, di origini calabresi e bolognese d’adozione. Si laurea al DAMS di Bologna con una tesi sul cinema di Franco Battiato. Di lì a poco inizia la collaborazione con Fabio Cinti, sia dal vivo che in studio (suona e arrangia in Il Minuto Secondo, Madame Ugo, Tutto t’orna).
E, nel 2013, lo accompagna in apertura ad alcuni concerti dell’ “Apriti Sesamo Tour” di Franco Battiato. Nello stesso anno esce il suo primo album, prodotto dallo stesso Cinti, “Assediati dall’esercito russo e cinti dalle mura, guardavamo il cielo” (Blume).
Fabio Cinti (Ceprano, 1977) è un musicista, cantautore, autore, È del 2011 – a 33 anni, dopo la lunga formazione filosofica e musicale – il suo esordio discografico con “L’Esempio delle Mele”, dove già compaiono i nomi delle collaborazioni maturate nel tempo. Su tutte spiccano quella di Morgan e Pasquale Panella, autore del testo di un brano. Foto di Piero Martinello

Pensi che ci siano dei buoni spazi per la musica di nicchia in Italia?

Mi piace pensare che ci sia pubblico di appassionati folto e attento. C’è il premio Gaber, la targa Tenco e tanti festival non minori ma che hanno molti estimatori. Diciamo che sì, per fortuna ci sono dei luoghi per la musica lontana dal mainstream. Stamattina guardavo i nomi di Sanremo 2024 e mi sembrano sconosciuti. Ma le cose interessanti trovano la ribalta col tempo. Un grandissimo cantautore e una persona sopra la media come Paolo Benvegnù ne è un esempio. Si dice non ha avuto quello che si meritava ma ha avuto la resistenza nel tempo. Ho lavorato con lui e posso dire che con molta tenacia si rivolge al suo pubblico senza interrompere mai la sua attività. E credo che i suoi dischi rimarranno come un bel solco nella musica italiana. C’è chi sceglie una strada per un altro tipo di pubblico rispetto alla massa e quindi non si deve giudicare un artista in base alla fama.

Da che ascolti arrivi?

Sono stato formato da piccolo con la musica progressive inglese, inclusa la psichedelia con Pink Floyd e Genesis. Accanto a loro ascoltavo i cantautori italiani, i classici. Poi è arrivata la passione ai 18 anni per il Glam con David Bowie e Lou Reed, ma ho sempre ascoltato tanta musica classica. Non sono però mai approdato al Grunge o rock più duro.

Che effetto ti fa questa mania di cross-over nella musica oggi?

Si sente quando le commistioni sono esigenze materiali, mi riferisco alla collaborazione che ti suscita la domanda: perché? Io sono sempre per la naturalezza. Il primo mio disco è uscito tardi perché volevo che fosse così. È come se le cose giuste avessero una ragione, quando non c’è una ragione artificiale hanno una brillantezza che si percepisce.

Fai mai dei bilanci sulla tua attività nella musica?

Ho sempre fatto quello che mi andava di fare, non vorrei sembrare arrogante ma è così. Mi sono sempre sentito un cantautore che ha agito in ambito minore, mi è capitato il mainstream ma non ho mai partecipato alle classiche meccaniche che impongono. Sono sempre stato un tiratore libero, il mio pubblico è cresciuto nel tempo e sa quello che faccio. Una bella scoperta con il disco di Battiato è stata la dimensione di interprete, quello che ha un rigore classico che piace al mio pubblico.

Rifaresti tutto?

Non sono sempre contento quando riascolto le mie cose vecchie ma poi ci si guarda anche con indulgenza e si tiene conto dell’età in cui si si sono realizzate. Se devo tirare le somme mi do un più che sufficiente.

Instagram Fabio Cinti | Instagram Alessandro Russo

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