Eric Andersen ha ideato per lo spazio della Fondazione Mudima a Milano un percorso espositivo che ripercorre alcuni suoi lavori del recente passato, anche legati alla vicenda espositiva della Fondazione e al suo storico impegno sul gruppo Fluxus. Le opere in mostra offrono al pubblico un’esperienza interattiva e coinvolgente che abbraccia video, installazione, performance, silk-screens e floor-drawings.
I video “Achilleus”, The Sunlawn”, “Marianne (Artificial Stars)” accompagnano il visitatore tra nuovi pianeti da costruire e stelle artificiali, lungo un percorso che si articola intorno a diverse installazioni: “The Banner”, la più lunga serigrafia mai realizzata (50 metri) che sfida l’osservatore a cercare di non guardarla mai, la riattualizzazione della performance “Achilleus”, ideata per la mostra Ubi Fluxus Ibi Motus a cura di Achille Bonito Oliva a Venezia nel 1990 e infine “Please Leave”, una nuova forma di danza le cui istruzioni sono scritte su tutto il pavimento della Fondazione.
Eric Andersen vive da sempre a Copenhagen e fin dal 1958 ha lavorato spaziando su diversi media, incrociando e contaminando mezzi espressivi e forme di diffusione, dalla performance alla radio, dalla musica alle arti visive, dall’installazione alla scultura, dalla Mail Art all’invisibilità e alla sparizione dell’opera, fino a sviluppare anche un’inedita forma d’arte definita “Arte Strumentale” e che prevede opere impegnate in un vero e proprio processo di auto-ricollocamento e auto-trasformazione, proprio come accade anche in questa occasione.
Attivo già dal 1960 con alcuni performance events, nel novembre del 1962 Eric Andersen prende parte per la prima volta a un concerto Fluxus, quello tenutosi durante il Festum Fluxorum presso la Nikolai Kirke di Copenhagen, per poi divenire negli anni seguenti una delle voci più significative del movimento, partecipando a events e festival Fluxus in Europa e nel mondo, con un tale spirito libero e dissacratore da farsi persino condannare per “eresia” nel 1964 da George Maciunas, il fondatore-impresario del movimento.

Il suo lavoro, pur aperto in una fantasmagorica e chimerica diversità di prospettive e di formalizzazioni, trova sempre un punto fermo nello stimolo attivo del pubblico, con una vocazione interattiva e intermediale e un’inclinazione iconoclasta, irridente e demifisticatoria, volte a creare veri e propri corto-circuiti del senso comune, disorientando e vessando l’attore/spettatore. Questa particolare forma di coinvolgimento è valida non solo per le sue performance Fluxus, ma anche per le molte installazioni nei musei e negli spazi pubblici che caratterizzano la sua più recente produzione, come il famoso Crying Space nella Nicolai Art Hall di Copenhagen o l’Invisible Painting “esposto” allo Statens Museum for Kunst (SMK) di Copenhagen.
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