C’è una cosa che storicamente accomuna la produzione artistica napoletana e quella palermitana, quale che sia il mezzo adoperato per esprimersi: il gusto per il fiabesco, il grottesco, l’enfasi barocca, l’iperbole scurrile e contemporaneamente poetica. Emma Dante, regista palermitana di nascita eppure legata a doppio filo a quella Napoli che sempre la accoglie con lo stesso amore che si riserva a una figlia adottiva, ha l’abilità di concentrare tutto ciò in ogni sua opera scenica e, in particolare, in questo Re Chicchinella, libero adattamento di una novella contenuta nel capolavoro di Giambattista Basile Il Pentamerone o Lo Cunto de li Cunti, debuttato al Teatro San Ferdinando di Napoli (fino al 10 novembre) e che presto sarà impegnato in una tournée nazionale ed estera. Diversi sono, infatti, i teatri e gli enti italiani e francesi che hanno contribuito alla sua realizzazione: Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Atto Unico / Compagnia Sud Costa Occidentale, Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale, Carnezzeria, Célestins Théâtre de Lyon, Châteauvallon-Liberté Scène Nationale, Cité du Théâtre – Domaine d’O – Montpellier / Printemps des Comédiens.
Dopo La Scortecata e Pupo di Zucchero, ecco infatti il terzo movimento della trilogia basiliana, fra le tre – forse – la fiaba più amara, perché Re Chicchinella parla della solitudine del potere e degli ipocriti avvoltoi adulatori che girano intorno a chi quel potere lo incarna. Protagonista della vicenda, che, come sempre, mescola elementi grotteschi, comici e tragici, è un re che, colto da un bisogno corporale, commette il tragico errore di impiegare un animale che crede morto, una gallina, per pulirsi le terga. La pennuta, tutt’altro che defunta, gli si incolla al didietro e risale su per le viscere, installandosi nelle interiora del sovrano. L’animale magico, come un verme solitario, divora tutto quello che il poveretto mangia, facendogli espellere uova d’oro. Stremato dalla cosa, il re decide di lasciarsi morire di fame, incontrando l’opposizione di tutta la corte, che non vuole privarsi delle uova d’oro. Spiega Emma Dante: «Re Chicchinella racconta la storia di un sovrano malato, solo e senza più speranze, circondato da una famiglia anaffettiva e glaciale che ha un solo interesse, ricevere un uovo d’oro al giorno. L’animale vive e si nutre dentro di lui, divorando lentamente le sue viscere, fino a quando il re non scopre che per il mondo lui e la gallina sono la stessa cosa. Dopo tredici giorni d’inedia, Carlo III d’Angiò, re di Sicilia e di Napoli, entra nella sua nuova esistenza e, appollaiato sul trono, riceve il plauso di tutta la Corte.»
Gli interventi sul testo che la regista opera sono quanto mai opportuni per rimarcare il lato tragico di questo triste apologo sul potere. Da qui, ad esempio, l’espunzione del lieto fine basiliano con le due contadine proprietarie della gallina che si palesano come un deus ex machina ad estrarre il pennuto dal regale deretano. In questa versione, il finale – che non anticipiamo – è ben più amaro ma, se vogliamo, spettacolare. Il tutto, comunque, sempre giocato sul registro dell’ironia, del grottesco, dell’eccesso che rende lo spettacolo fortemente comico grazie anche a quell’incanto linguistico del napoletano italianizzato barocco e aulico, anche quando il discorso si fa scatologico: in questo contrasto si raggiungono vette di comicità sublime. Il resto è affidato alla bravura degli interpreti i quali, come veri comici dell’arte, si vedono impegnati in lazzi fisici e verbali sia in spumeggianti scene d’insieme che in istrionici assoli o numeri a due o a tre. A cominciare da Carmine Maringola (irresistibile Re Chicchinella), Annamaria Palomba e Angelica Bifano (infide Regina e Principessa), per proseguire con tutti i componenti della compagnia che, a vario titolo e in momenti diversi, offrono guizzanti pennellate per comporre un affresco vivido, emozionante, gustosissimo. Vale la pena nominarli tutti: Viola Carinci, Davide Celona, Roberto Galbo, Enrico Lodovisi, Yannick Lomboto, Davide Mazzella, Simone Mazzella, Samuel Salamone, Stephanie Taillandier, Marta Zollet. Attori e attrici di grande livello diretti con maestria dalla sapiente mano di Emma Dante (dal cui estro prendono forma anche gli elementi scenici e i ricchi costumi), che sa sempre fin dove si può spingere per creare spettacoli energici, ben ritmati, comici e che facciano – al contempo – riflettere. Quello in questione è senza dubbio tra i suoi migliori, come attesta il trionfo di applausi tributati alla prima.
Testo a cura di Davide D’Antonio
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