In inglese li chiamano “candid moments” quelli genuini, inusuali, lontano dalla ribalta. Questo è un filone della fotografia rock più “umanizzato” che ben si addice a superstar del genere come David Bowie che all’apice della fama e della fase sorprendente e dirompente sono sempre ritratte con un massiccio lavoro di styling. Per questo la mostra che arriva al Pan, Palazzo delle Arti di Napoli – THE PASSENGER (David Bowie by Andrew Kent), è un’occasione per rivivere i momenti più privati del Thin White Duke, come si faceva chiamare all’indomani dei travestimenti di Ziggy Stardust. E all’obiettivo c’era Andrew Kent, fotografo americano, che all’epoca (1975-78) lavorava per le più prominenti case discografiche mondiali.
“Il primo impatto che ebbi con David non fu particolarmente profondo – ha raccontato Kent -, all’epoca David abusava di cocaina e non si riusciva stabilire con lui un rapporto. Cosa che accadde, invece, nella prima occasione lavorativa. Fu invitato al programma televisivo della CBS, Soul Train, dove ebbi modo di fotografarlo. Fu lì che David si accorse del mio lavoro e riuscimmo a stabilire una connessione e, da lì, si iniziò a parlare del tour che doveva iniziare entro poche settimane”.

Nella prima sala della lunga esposizione a Napoli, c’è una foto di David Bowie al trucco mentre si prepara a registrare il suo intervento il 4 novembre del 1974, come primo artista bianco mai invitato alla trasmissione Soul Train, dove prevalentemente si esibivano artisti dance neri.

La mostra si apre con una foto di David Bowie ed un salvagente di una nave, nei fatti, dopo le date americane, l’Isolar tour, partito da Vancouver il 2 febbraio del 1976 e conclusosi il 26 marzo a New York, per un totale di ben 64 concerti in 12 paesi, si sarebbe spostato in Europa. Bowie e la sua assistente personale Coco Schwab partirono in nave proprio da New York in direzione Genova, a sottolineare che a quei tempi, egli non gradiva viaggiare in aereo; si sarebbe poi spostato in auto sino alla prima di tappa di Monaco di Baviera, ma ci saranno anche altre tappe ed ovviamente, anche la Berlino buia.
E’ un ragazzo di neanche 30 anni con un trench di pelle, racconto di un viaggio molto particolare poiché vivrà dei momenti molto personali ed introspettivi. La mostra focalizza quel breve ma coinvolgente, intenso viaggio, una fuga insospettabile, in cui saranno realizzati i bellissimi scatti di Andrew Kent.
Era già stato in Russia nel 1973, era affascinato dalla storia in generale ed un attento lettore di saggistica e la Russia l’aveva già visitata. Ma nel 76 coinvolge per il viaggio Andrew Kent, all’epoca 28enne, che o aiuterà a richiedere i documenti di viaggio, purtroppo i visti furono scritti male, tant’è che verranno fermati per ore alla dogana da un agente del KGB, laddove nessuno parlava in inglese. Momenti attoniti, ma riusciranno a districarsi e ripartire. Finalmente in carrozza e con una faccia stupita, Bowie guarda il panorama dal finestrino del treno mentre Andrew immortala le emozioni. Nella prima sezione della mostra, non troverete foto di una star o foto della grande icona che conosciamo; non potevano neanche essere viaggiatori di prima classe. Nella seconda sala del percorso viene ricostruita una scena del treno su cui viaggiavano, non come quelli di oggi in Transiberiana, neanche una seconda classe, erano in piccole cabine e con semplici zaini.


C’è una grande diversità tra i due personaggi Bowie-Kent, anche se potrebbero sembrare più accomunati dal legame spesso descritto, Bowie è un perfetto gentleman inglese, lo si nota dalle foto in cappotto, mentre Kent indossa un giubbotto di pelle e un berretto in lana.
“L’Isolar Tour fu diverso per David – afferma Kent – Si notava il suo cambiamento. In quel periodo stava cercando di ritrovare sé stesso e di allontanarsi dalle droghe. Furono otto mesi intensi, vissuti a stretto contatto poiché, contrariamente al tour precedente in cui erano coinvolte un centinaio di persone, quella volta eravamo solo in cinque: David, il suo manager, la sua assistente, Iggy Pop ed io”.
L’Isolar Tour europeo segnò anche la metamorfosi dallo scintillante Bowie – “Ziggy Stardust” al nuovo raffinato alter ego “Thin White Duke” (Duca Bianco). Decisiva fu la tappa tedesca: da lì, nei tre anni successivi nascerà la acclamata Trilogia berlinese, con gli album Low (1977), Heroes (1977) e Lodger (1979), e Bowie stringerà un più stretto legame con un altro mostro sacro della musica, Iggy Pop, con cui condivise la permanenza nella capitale, oltre che il viaggio a Mosca documentato da Andrew Kent, e fertili collaborazioni artistiche, come per il brano The Passenger (1977).
Un viaggio che sembrerà di una settimana che invece si è svolto in un Day off. A Mosca staranno meno di 24 ore, a fare turisti, vedere la Piazza Rossa, il mercato. Non è il David Bowie che siamo abituati a vedere o che siamo abituati a immaginare. Poi però cena al Metropolitan Hotel e nonostante fosse partito con uno zaino, indossa l’eleganza, riuscì ad infilarvi dentro una giacca sartoriale da indossare per le metropoli. Nel percorso della mostra, anche una tazza che acquistò nel viaggio, il classico souvenir, una copia sopravvissuta, un piccolo ricordo di quel viaggio molto personale che era un’amicizia prima di tutto.
A Londra tutti i giornalisti lo davano per disperso in Russia ma arriva, anche se in ritardo, nei vari spostamenti evitava anche il treno ma si spostava in auto. Ovviamente l’auto del “camaleonte” (così fu definito) non era un’auto qualsiasi, è una Mercedes modello GLA prodotta unicamente per capi di Stato (se ne facevano solo 5 all’anno) egli riuscì a comprarla dall’ex presidente della Sierra Leone e gli venne spedita via Nave. Veniva guidata tra le stradine delle montagne dal suo bodyguard. Nel ritorno a Victoria Station malelingue inventarono anche di un saluto nazista di Bowie, ma non è mai accaduto, non era assolutamente una cosa che David avrebbe preso in considerazione di fare. Era un uomo che leggeva tanto, assolutamente di tutto, era una spugna ed aveva una vasta biblioteca personale.


Durante la mostra, si trovano foto personali ed intime, quindi anche scatti mentre finiva di prepararsi, di truccarsi. Scatti assolutamente naturali che raccontano, in foto dal feeling unico, il vero David di quegli anni. Lo so vede ritratto sul balconcino dell’hotel a bere un bicchiere di vino ancora senza senza camicia. Questa fu l’ultima tappa del tour, dopo Parigi Bowie iniziò a lavorare sui nuovi dischi, il tour l’ha fatto crescere, l’ha fatto cambiare gli ha dato un sacco di nuove idee. In questo periodo lavora al primo album di quello che sarà la pioggia berlinese, dove si aprì un nuovo capitolo della sua vita e dove purtroppo si chiuderà l’avventura tra Kent e Bowie. Sarebbero rimasti in contatto ma le loro strade si separeranno.
In qualche teca anche documenti originali, rendiconti di spese: di rullini, carta fotografica. Materiale servito durante il viaggio per stampare e sviluppare le foto per poter inviare materiale negli Stati Uniti (non era così semplice come oggi).
Curioso vedere documenti (anche in carta pregiata) in cui si leggono i nomi di David ed Iggy, ma anche di tutti gli altri dello staff che alloggiavano in albergo.
Nell’ultima sala sono esposte alcune riproduzioni degli abiti nati da una collaborazione con l’Accademia di belle arti di Bologna dove alcuni studenti hanno reinterpretato, rivisitandoli i costumi più famosi. Questo riporta allo stile innovativo ed illuminato di David Bowie e di quanto abbia influenzato il lavoro degli stilisti più famosi.


David Bowie: the passenger. By Andrew Kent è realizzata in collaborazione con il Comune di Napoli e il PAN.
Apertura al pubblico dalle ore 9:30 di sabato 24 settembre fino a domenica 29 gennaio 2023, tutti i giorni con orario continuato.