21 Febbraio 2021

“Capodimonte incontra la Sanità”: apre la mostra di Paolo La Motta

A cura di Sylvain Bellenger e Maria Tamajo Contarini al Museo e Real Bosco di Capodimonte, sezione arte contemporanea 18 febbraio 2021- 19 settembre 2021.

21 Febbraio 2021

“Capodimonte incontra la Sanità”: apre la mostra di Paolo La Motta

A cura di Sylvain Bellenger e Maria Tamajo Contarini al Museo e Real Bosco di Capodimonte, sezione arte contemporanea 18 febbraio 2021- 19 settembre 2021.

21 Febbraio 2021

“Capodimonte incontra la Sanità”: apre la mostra di Paolo La Motta

A cura di Sylvain Bellenger e Maria Tamajo Contarini al Museo e Real Bosco di Capodimonte, sezione arte contemporanea 18 febbraio 2021- 19 settembre 2021.

“Capodimonte incontra la Sanità”: i forti legami di Capodimonte, storico museo napoletano in alto al colle della città, con un territorio che cambia come il ventre di Napoli. Sylvain Bellenger ha inaugurato la mostra contemporanea di Paolo La Motta tracciando un filo conduttore tra due punti cardini di una città unica.

Sono espressioni intense quelle sono raccolte nella personale dell’artista. Che sia olio su tela, olio su tavola o terracotta, i volti dei bambini sono intensi solchi e segni che chiedono al visitatore una particolare attenzione, e le avvertirà tutte. Occorre soffermarsi per recepire i molteplici messaggi, sembra di riconoscere volti già noti, visti: lo scugnizzo o il timido, l’impavido o il timoroso. Sono tutti bambini e nella maggior parte dei casi, le opere hanno nomi semplici, poichè sono persone comuni, quelle che appunto si possono incontrare nel tessuto cittadino. Il maestro La Motta ha da sempre vissuto in quei quartieri, i quartieri che da tempo si stanno trasformando, ed in bene. Egli ha sempre vissuto tra la Sanità, i Vergini, nei quartieri Stella ed i Miracoli. L’artista ha sempre a suo riferimento don Giuseppe Rassello, – il mio Don Milani– dice, non dimentica poichè suo mentore, ma ha voluto ricordarlo nuovamente anche agli altri con una frase che è stata inserita nel catalogo ma che è anche all’ingresso dell’esposizione della mostra nel Museo di Capodimonte:

a voi ragazzi, affido l’illusione. Giocate, e giocate contro: non morirete.”

Da tempo, anzi da sempre, l’artista opera a stretto contatto con i bambini, insegna scultura nel rione Sanità a tutti i giovani che frequentano l’istituto Papa Giovanni XXIII, non si risparmia per nessuno, ne fa uno stile di vita poichè ben conosce il passato dei luoghi che ora rinverdiscono. Insegna a plasmare la creta, l’argilla, magari ad offrir loro uno scudo di protezione verso il mondo, una corazza invisibile che li proietti verso il bello, e li allontani.

Le sculture dell’artista, di decisi ma morbidi solchi, ricordano talvolta Gemito talvolta offrono altra lettura, suggerite da altre possibili influenze di chi le guarda. Nel contempo i pochi colori dei dipinti raccontano: ogni pennellata è un momento di vita, nostalgico, pieno di speranza o pieno di luce, quello che attraversa la sala, o quella accecante luce che magari rappresenta la gioia di un giocattolo, finalmente ricevuto, anche se usato; oppure rappresenta un urlo, semmai fievole, nascosto ma recepibile. La Motta “legge” e “raccoglie” ovunque, legge dentro gli sguardi, negli occhi dei bambini, e traduce, talvolta ovatta, ma penetra nel visitatore sensibile.

Due “ospiti” particolari impreziosiscono l’allestimento della mostra: Diego e Genny.

L’esposizione si pone in collegamento con l’altra mostra che l’artista ha tenuto al Museo: Incontri sensibili: Paolo La Motta guarda Capodimonte (30 giugno 2018 – 24 febbraio 2019) nell’ambito del ciclo di mostre-focus che ospitano artisti contemporanei in dialogo con la collezione storica di Capodimonte, in una sala dedicata al secondo piano. Paolo La Motta è un artista fuori dal sistema dell’arte contemporanea, e da tutti i sistemi. Non è rappresentato da nessuna galleria e non specula sui social network o sul mercato. Rappresenta un
“movimento” molto personale, il suo, che unisce una profonda e vasta conoscenza dell’arte – arte di tutti i tempi e di tutti i luoghi -, a cui rende costantemente omaggio con passione, con uno sguardo attento e penetrante sulla realtà.

Il primo riguarda il campione scomparso da poco, l’idolo di Napoli; coincidenza ha voluto in quel momento la mostra era già in allestimento. Il maestro La Motta ha rappresentato non il campione, ma il Diego bambino, quello che aveva sogni non ancora realizzati, quello con gli occhi speranzosi e le ginocchia sbucciate. E’ un Diego non che sapeva ancora, ma già si legge la determinazione.

Genny invece…già, quella “immagine” di Genny è precedente, molto precedente. E’ un insieme di più rappresentazioni dalle apparenti inespressioni, che infine “materializza” in una scultura, come fosse la rappresentazione e sintesi stereolitografica dei primi quattro dipinti.

Ma la frenetica passione del Maestro Paolo La Motta è inesauribile, prosegue, anche quando decide che le opere debbano trasformarsi in bronzo, l’immaginario è nel momento, poi qualcosa emergerà. Egli lavora a mani nude, nessun bulino, solo le naturali appendici, per plasmare con solchi,  più o meno profondi, ciò che il cuore suggerirà in quel momento d’estasi.

Sylvain Bellenger, direttore del Museo e del Real Bosco di Capodimonte, ha detto presentando l’iniziativa: “Io ed il Maestro La Motta, ci siamo visti spesso ed ho capito il suo lavoro, più di tutto ho capito l’importanza del suo lavoro nel quartiere Sanità. Egli, come un padre attento credo sia sempre presente. Abbiamo parlato molto dell’importanza dell’arte nello sviluppo e nella protezione nella cura dei ragazzi e abbiamo deciso di fare una mostra su i ritratti dei bambini. Questa mostra si è trasformata in una cosa ancor più preziosa, cosa molto rara nella storia delle mostre, perché alla fine abbiamo fatto una mostra sugli “sguardi dei bambini”, un bellissimo tema nella storia del ritratto. Abbiamo tutti in testa l’importanza degli sguardi dei personaggi potenti della storia, i ritratti da artisti di potere. Lo sguardo dei bambini oggi qui nella mostra è fatto da un’artista della Sanità che, proprio come un professore, lavora con questi bambini per educarli all’arte come in una bottega di un tempo.

Questa cosa è di una enorme delicatezza e di una bellezza che non ho mai visto altrove; è una cosa immensa che solo Napoli poteva produrre, nella confusione della sua sensibilità e proprio nel quartiere Sanità.

Questa mostra ha un allestimento di una tale bellezza: il grigio come giusto colore, le proporzioni giuste, le colonne con tutti i particolari e dettagli. Questa mostra è stata fatta con una cura enorme al dettaglio. L’associazione gli “Amici di Capodimonte” sono stati presenti come e ci hanno aiutato ha pubblicato il catalogo. Isabella Valente ha scritto un bellissimo testo, piacerà, questa è una mostra nella storia dell’arte, se ne parlerà per cento anni.

L’opera “Maradona” era già prevista in questa mostra ma è una pura coincidenza poichè è durante l’allestimento che si è verificata la morte di Diego Armando Maradona. Ma noi qui non abbiamo un Maradona campione, qui nella mostra abbiamo un Maradona bambin, ed è un ritratto che è stato realizzato in sole due ore.

Per questo dono, ringrazio l’Associazione Premio Greencare APS che ha avuto l’istinto di voler conservare questa pittura a Capodimonte. Questa pittura è stata acquistata grazie a Gianfranco D’Amato che contattato dalla signora Benedetta De Falco e li ringrazio per la generosità e la spontaneità del gesto.

Noi tutti ora abbiamo due “star”, due star bambini: una è Genny (Genny Cesarano), una storia tragica che ha cambiato la realtà della sanità, perchè poi è diventato un quartiere modello per le tante iniziative che hanno cambiato e cambiano l’urbanesimo e la vita quotidiana, il rapporto delle persone insieme ad un quartiere che si dedica sempre di più all’arte; l’altra “star” è Maradona da bambino che è molto più di un Maradona, perché il bambino raffigurato ha una coscienza ed una paura che il Maestro ha intravisto e ritrovato negli sguardi dei ragazzi della Sanita.

La nostra idea è portare il dibattito sulla contemporaneità e vedere che la contemporaneità non ha un solo viso, la nostra contemporaneità ha cento visi e sono tutti diversi. Introdurre la sensibilità del Maestro La Motta in questa collezione storica è, anche per noi, una cosa intellettualmente stimolante.”

L’artista Paolo La Motta ha parlato così:

“Premetto che io poi non sono di quei tifosi accaniti per cui, negli anni Maradona era ed è un simbolo molto forte, quella immagine me la sono trovata davanti nel giorno della scomparsa di questo bambino. Ecco, io ho ritrovato uno sguardo che era famigliare, cioè quello dei ragazzi, dei giovani con i quali ho un rapporto molto forte, molto empatico.

Inoltre, io non ho ritratto “Maradona”, ma ho eseguito un ritratto come agli altri bambini che sono un Gennaro, una Anna, una Maria, eccetera.

Ad ogni modo, è stato molto bello perché c’è certamente Maradona ma, nello stesso tempo, c’è uno sguardo, sono gli sguardi che noi incontriamo tutti i giorni. La figura complessa del calciatore, dell’uomo, ha sicuramente qualcosa per Napoli di “sacrale”, ma come è come in questo giorno in questa inaugurazione , difatto ciò che mi piace molto è anche questa piccola dimensione, una sorta di icona sacrale, un pò come in tutto il mio lavoro. Sono si dei ritratti, ma in questi ritratti c’è sempre qualcosa di molto ieratico, sacrale. Quest’idea e visione dell’infanzia sono “modi di vedere” ma con attenzione ed un grande rispetto, questo va al di là del ritratto stesso del bambino. Ma c’è anche qualcosa di più profondo. Naturalmente c’è anche un lavoro sulla pittura, sul linguaggio della pittura stessa, per cui si sovrappone un po, usando termini un po obsoleti, in forma e contenuti, cari a Croce. Sono due forme e contenuto che in realtà si vanno a sovrapporre. La cosa straordinaria che a tutto questo si sovrappone la vita stessa, quella quotidiana che passo con loro, le storia con la realtà ed a volte tragiche come quella di Genny. Dunque questa mostra è effettivamente qualcosa di molto profondo. Credo che l’attenzione dello spettatore non sia quella semplice, di trovarsi davanti a un’immagine, NO. Io sono molto critico verso quelle immagini fotografiche che vediamo ovunque, anche nell’utilizzo dei murales. In queste mie raffigurazioni, c’è qualcosa di un po più complesso, si richiede quindi allo spettatore un’attenzione diversa e trovo giusto sia così. Perché? Il pubblico ha chiaramente ha bisogno di attenzione. Mai come in questo momento, così delicato, dove abbiamo capito che bisognava fermarsi un attimo, poiché il mondo non va come radicalmente pensavamo andasse… c’è qualcosa di molto più profondo. Io spero vivamente che anche questa mostra diventi un attimo di riflessione.

Chiaramente l’emozione che provo adesso, stare qua oggi, in questo grandioso contesto, con questa mia mostra in un museo, in questo museo, da artista radicato sul territorio. Beh è un’emozione difficilissima da spiegare, grazie di cuore anche perchè è una grande gioia portare un dibattito all’interno dell’arte contemporanea.

A completamento della mostra e come lettura intima del lavoro dell’artista, è presente in mostra un video-documentario di 20 minuti girato in presa diretta alla Sanità, da un’idea del direttore Sylvain Bellenger, per la regia di Rossella Grasso con il coordinamento di Carmine Romano, responsabile del progetto di digitalizzazione del Museo. L’occhio della telecamera segue La Motta nei vicoli della sua Sanità, fonte continua di ispirazione, entra con lui nel suo studio, cattura le pennellate che si posano sulla tela e le parole che le accompagnano, nonché i momenti trascorsi con i ragazzi del quartiere durante i laboratori di scultura mentre modellano l’argilla e, nello stesso tempo, la loro vita. Fuori dalla finestra la vista di uno dei gialli e polverosi muri di tufo della Sanità: la materialità degli antichi palazzi del centro storico, un tratto distintivo delle sue ricerche pittoriche.

Il catalogo della mostra, realizzato grazie al sostegno della Casa d’Aste Vincent, raccoglie i contributi e gli scritti critici del direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte, Sylvain Bellenger, un testo dello scrittore Roberto Saviano sul campione Diego Armando Maradona, un testo di Isabella Valente docente di Storia dell’Arte Contemporanea presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Napoli Federico II, un’intervista di Maria Tamajo Contarini a Paolo La Motta, una biografia dell’artista e due schede a cura di Maria Flavia Lo Regio delle opere donate al Museo: Diego e il polittico Genny.

Scrive Roberto Saviano nel suo testo sul grande campione argentino:

Maradona bambino ha pronunciato parole che resteranno scolpite nella memoria di ogni napoletano: “Ho due sogni –disse – il primo è giocare ai mondiali e il secondo è vincerli”. Maradona a Napoli si è sentito a casa, e forse si è specchiato nei suoi bambini più che nei suoi vizi. Il volto di Maradona, anche il volto di lui da bambino, finisce per appartenerci, lo sentiamo nostro, familiare, vicino. È il volto di un bambino che impara a vivere in contropiede, che non teme la sfida, che non teme neppure di mostrarsi, con il suo talento, divino in terra. Beati i bambini, perché solo a loro è concesso di sfidare Dio”.

La mostra è allestita al terzo piano, nella sezione arte contemporanea ed è visitabile dal 18 febbraio sino al prossimo 19 settembre 2021. Consultare il sito del museo napoletano per le aperture attraverso le restrizioni dovute all’emergenza Covid.

Testo, video e foto per The Way Magazine da Napoli: Maurizio De Costanzo

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