A tre anni dalla scomparsa di Bud Spencer, al secolo Carlo Pedersoli, Napoli, la sua città, lo ricorda con una mostra-evento che sta già riscuotendo molto successo, nella sala dorica di Palazzo Reale.
Da vedere ci sono impianti multimediali, videomapping, proiezioni su pannelli, oggetti di scena e tanto altro fino l’8 dicembre.
“Chi lo ha conosciuto può pensare che avesse una personalità molto semplice e allo stesso tempo, invece, aveva degli aspetti di grande complessità. Lui diceva ‘Io sono un dilettante di alto livello’. Però qualsiasi cosa facesse gli veniva da campione”. A parlare è Giuseppe Pedersoli durante la conferenza stampa inaugurale della mostra dedicata a suo padre Carlo Pedersoli, universalmente conosciuto come Bud Spencer.
“Era un po’ più forte della media, era un po’ più grosso della media. Ovvio che quando arrivava si notava, sia prima che diventasse una grande star e sia prima che diventasse un campione di nuoto” dice continuando il figlio.
Il luogo che fa da cornice a questo evento è il Palazzo Reale di Piazza Plebiscito a Napoli, a pochi passi dal quartiere Santa Lucia, dove l’attore nacque il 31 ottobre 1929 e dove era conosciuto all’inizio dei suoi successi soprattutto per essere nuotatore e pallannuotista.
La sua vita, la sua carriera, dunque, è oggetto di questa mostra che si apre ora fino all’8 dicembre, proprio nella stagione in cui, Carlo Pedersoli, avrebbe raggiunto il traguardo dei 90 anni.
L’evento è stato presentato in anteprima alla stampa, con la presenza dei familiari di Carlo: la moglie Maria Amato, figlia del produttore cinematografico Giuseppe Amato, il figlio Giuseppe, il Direttore del Polo museale della Campania Anna Imponente ed il curatore della mostra Umberto Croppi.

“La fama e la gloria senza le virtù è vanagloria. Effettivamente mio padre aveva tante virtù”. È sempre Giuseppe al microfono che parla, che ci introduce in quel mondo di “Bud” ai più quasi sconosciuto, quello oltre le leggende che si narrano sul suo conto.
“A diciassette anni era iscritto all’Università. Per fortuna, in questi due anni di lavoro e grazie anche alla meticolosità della famiglia, abbiamo trovato il documento d’iscrizione alla facoltà di Chimica della Sapienza di Roma. Poi dopo c’è un timbro perché si iscrisse, successivamente a Giurisprudenza” dice illuminandoci anche su quanto si vede all’interno della mostra.
Umberto Croppi, curatore dell’evento, precisa: “Il materiale prodotto nella vita di Bud Spencer è talmente voluminoso, che riuscire a dare conto in maniera completa nella mostra sarebbe stato impossibile. Allora è stato distribuito questo libricino che fa da complemento alla mostra medesima”.
Il piccolo testo a cui fa cenno il curatore dell’evento è composto da diversi contributi scritti, tra cui Terence Hill, e da tante immagini d’epoca. Quelle stesse immagini sono presenti anche nelle singole aree della mostra; la quale, nella sua essenza, prova tutto quello che si è sostenuto durante la conferenza stampa. Il materiale prodotto in vita dall’attore napoletano è veramente voluminoso.
Difatti ogni stanza, che abbiamo avuto il privilegio di vedere in anteprima, ci permette di riscoprire il ‘mondo’ pubblico e scoprire il ‘mondo’ privato del compianto attore. Oggetti provenienti dai set di alcuni film, copertine dei numeri storici del settimanale ‘Tv, sorrisi & canzoni’ che lo ritraggono, schermi in cui passano le sue immagini risalenti a diversi periodi della sua vita. I suoi libri: quelli che ha scritto e quelli nei quali si parla di lui, locandine dei suoi film sulle pareti. Un’area è interamente dedicata alla saga del Commissario Rizzo, meglio conosciuto come Piedone. Un’altra tutta scura: dove vengono proiettate le sue migliori scazzottate. Accanto allo schermo una miriade di palloni colorati, i quali richiamano la pellicola ‘Altrimenti ci arrabbiamo’. Al di fuori ed in alcuni punti, quasi nascosti, vengono proiettate alcune sue massime. In tutto ciò l’ambiente è arricchito dalla sua voce catturata durante delle interviste.
Limitarsi, dunque, nell’analizzare Bud Spencer solo nel campo del mondo dello spettacolo è assolutamente riduttivo. Potremmo dire che in un’altra vita, quando era conosciuto solamente con il suo nome di battesimo, ha dato lustro al nuoto italiano con i suoi successi in quella disciplina sportiva. Non solo come nuotatore, ma anche nella palla a nuoto. Proprio in questa mostra c’è tutta un’area dedicata a quel suo passato che non è mai stato dimenticato e giustamente celebrato nel corso degli anni.
Tornando al cinema, quel “ suo” cinema, ci sovviene da riflettere anche su un ulteriore aspetto: i suoi film. Ancora oggi ci fanno divertire, ci permettono di trascorrere ore spensierate.
La particolarità vera, autentica di quelle pellicole, risiedeva nello schernire il concetto medesimo di violenza, di smitizzarla nella sua essenza. Non si sa quanto fosse intenzionale. La prima rissa, quella di Trinità, fu messa in piedi per cambiare lo schema del classico western. Nessuno poteva immaginare che con il passare degli anni, per non dire dei decenni, quello stile di comicità, diventasse il suo inconfondibile marchio di fabbrica. E non solo suo, si deve comunque pensare anche a Terence Hill.
Due sono le massime che hanno contraddistinto i tratti salienti della sua personalità: “Non sono un attore, ho fatto l’attore” e “Non sono italiano, sono napoletano”. Nella prima c’è tutto il senso della sua visione del suo modo di fare cinema e di essere stella cinematografica. Nella seconda, invece, c’è tutta la sua fierezza rivolta alle sue vere origini.
Di certo, dice il figlio Giuseppe, “non amerebbe essere santificato come spesso succede. Non si riteneva una persona speciale, né una persona senza peccato o senza errori. Ne ha fatti tanti. Però era uno che andava sempre avanti, un uomo di grandissima fantasia, una personalità giovane nella testa. Non si fermava mai davanti a nulla. Se c’erano degli ostacoli, delle cose negative o qualcuno che gli dimostrava rancore o invidia lui non se ne accorgeva, andava avanti. Quindi aveva un’energia positiva che lo portava ad essere un vincente, fortuna per lui, in tutto quello che faceva. Spesso però, anche per notare qualche difetto, senza impegnarsi troppo diceva che senza allenarsi vinceva i campionati o fumava quattro pacchetti al giorno oppure, io l’ho visto, Terence Hill che si dannava a studiare le battute mentre mio padre no. Aveva una naturalezza ed una spontaneità che gli permetteva di primeggiare”.
Queste parole finali, forse, sono il miglior modo di definire il carattere dell’attore scomparsonel 2016. Sono il miglior modo, anche, nel definire quell’incontro che lo stesso Carlo Pedersoli, ebbe con il grande schermo, e se vogliamo, con il successo vero e proprio. Avvenuto per caso. Perché doveva pagare tre cambiali. Alla fine, poi, sappiamo com’è andata la storia e la sua carriera.
Amatissimo dai bimbi, nacque nello stesso palazzo in cui nacque anche Luciano De Crescenzo ed era anch’egli una figura di rilievo culturale: conosceva fluentemente 6 lingue “più il napoletano”, come scherzosamente diceva; imparò a memoria l’”Anabasi” di Senofonte durante gli anni del liceo. Fu autore anche di canzoni. Dai ricordi trovati e custoditi dai suoi familiari, riesce difficile definirlo solo una stella del cinema, sarebbe riduttivo. L’intenzione della mostra è anche quella di rendere giustizia a un cinema che non deve essere dimenticato ma anche a un’attitudine da cui si può imparare molto: dimostrare forza di volontà nell’applicarsi fortemente in tutto ciò che si vuole raggiungere.
Testo e foto a cura di Vincenzo Pepe.