Aurelio Amendola (Pistoia, 1938), fotografo di statura internazionale e membro dell’Accademia delle Arti del Disegno, ha legato il suo nome all’arte. Nel corso della sua lunga carriera, il suo obiettivo ha ritratto i più importanti esponenti delle avanguardie del Novecento tra cui De Chirico, Lichtenstein, Pomodoro e Warhol. Una passione, quella per l’arte del XX secolo, che acquista anche un valore umano per le frequentazioni personali del fotografo con alcuni artisti. Rapporti di amicizia che hanno dato vita ad importanti lavori monografici dedicati a scultori e pittori moderni tra cui Marini, Burri, Manzù, Fabbri, Ceroli, Vangi e Kounellis. Il fotografo italiano fu uno dei pochissimi abilitati a documentare la Factory di Warhol a New York e il via vai di volti celebri che la popolavano.


La forza dello sguardo di Amendola sta nell’essere riuscito a penetrare la dimensione interiore dell’artista al lavoro, a fermare il momento assoluto e potente della creazione. Solo lui è riuscito in tale impresa (a parte Ugo Mulas con la celebre sequenza del taglio di Lucio Fontana) grazie alla complicità e intimità creata con gli artisti. È questa l’unicità di Amendola: una combinazione di prodigioso talento professionale unito ad una rara sensibilità umana.
Possiamo così addentrarci furtivamente e in punta di piedi nell’ampio studio di uno tra i più celebri esponenti della Pop Art, Roy Lichtenstein, intento a ultimare una tela di grande formato oppure osservare Marino Marini scolpire all’aperto a Forte dei Marmi. Stupirci di fronte ad un Giorgio de Chirico elegantissimo in giacca e cravatta che studia il suo quadro illuminato dai raggi del sole provenienti da un lucernaio nel suo studio a Roma all’inizio degli anni Settanta. Invidiare Emilio Vedova, il pittore espressionista che lavora nel suo atelier veneziano usando non i pennelli ma le mani e pare quasi confondersi, coperto di colore com’è. C’è il gesto istintivo di Julian Schnabel – pittore e regista statunitense alle prese con vele nautiche ricoperte di colore su cui campeggiano dei piatti rotti – faccia da contraltare all’indagine sul colore e alla precisione dell’esecuzione di Piero Dorazio. Interrogarci insieme a Hermann Nitsch – uno dei massimi esponenti dell’Azionismo viennese – sulla fascinazione per l’opera d’arte totale mentre l’artista, con indosso il consueto camice intriso da precisi significati sacerdotali, è intento a camminare sulle sue tele mastodontiche. Fra i più spettacolari artisti ripresi in azione non poteva mancare la sequenza dell’amico fraterno Alberto Burri con in mano un bruciatore nel momento in cui crea una delle sue celebri “combustioni” in plastica mentre il volto scompare tra le fiamme. In questo vasto ciclo di opere trovano un posto speciale i ritratti di Andy Warhol realizzati nel 1977 e nel 1986, poco prima della sua morte prematura.

Amendola è anche noto per le fotografie delle sculture del Rinascimento italiano: ha documentato l’opera di Jacopo Della Quercia, Canova, Bernini, Donatello e Michelangelo, e illustrato singoli capolavori e monumenti quali il pulpito della chiesa di Sant’Andrea di Giovanni Pisano e il Fregio Robbiano dell’Ospedale del Ceppo a Pistoia, la chiesa di Santa Maria della Spina e il Battistero di San Giovanni a Pisa, la Basilica di San Pietro in Vaticano. Le sue riprese delle sculture di Michelangelo sono esposte nel 2007 al Museo dell’Hermitage di San Pietroburgo. Nel 1994 il suo volume Un occhio su Michelangelo – dedicato alla Cappella Medicea di San Lorenzo a Firenze – vince il “Premio Oscar Goldoni” per il miglior libro fotografico dell’anno.

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