Dalle origini nel Folk e Blues americano al rock anni Cinquanta fino ad arrivare all’esplosione attuale della Trap e dei nuovi linguaggi espressivi musicali. “La Storia del Rock” alla seconda edizione (Hoepli) vede l’autorevole Ezio Guaitamacchi alle prese con la non facile mission di condensare in un unico volume tutto quello che il rock ha detto e mosso in poco meno di un secolo di storia. Si fa coincidere la nascita del genere con il 1954 (Bill Haley cantò Rock around the clock ed Elvis Presley esordì nel mondo della musica). Ma le radici sono lontane. E la propaggine dura tuttora, come testimonia questa nuova versione del volume di oltre 680 pagine, con un nuovo capitolo scritto dalla giornalista Jessica Testa.
Nei tempi che viviamo c’è ancora rock? “Oggi è cambiata la fruizione della musica – racconta Testa alla presentazione milanese del libro appena uscito – negli ultimi vent’anni è cambiato il modo di fare musica ma l’esito sulle persone è uguale. La cosa non c’è più è il riconoscersi in una comunità, perché ognuno sceglie il suo brano di riferimento. Solo nella trap sussiste un elemento generazionale che è moto forte in questo momento”.
Per capire l’influenza che un genere musicale come il rock ha potuto esercitare sul pubblico, anche italiano, è interessante leggere la prefazione di Renzo Arbore al libro: racconta con lucidità la reazione alla prima proiezione di un film rock in un cinema di Foggia. Anche quello era un atto rivoluzionario.
Guaitamacchi racchiude idealmente l’ultima aggiunta tra due eventi nefasti, cronologicamente: le ripercussioni del dopo 11 settembre 2001 e la pandemia del 2020. In mezzo, anche il rock fa riferimento alla nuova coscienza politico-ambientalista, si confronta con l’invasione del web e l’avvento della “musica liquida”. Insomma, il rock non è affatto morto, continua ad affascinare milioni di persone a tutte le latitudini e vede in alcuni casi molti protagonisti delle precedenti ondate ancora in pista. “Due sessantenni come Bono e The Edge – racconta l’autore – si sono presi la briga di andare in metropolitana a Kiev in stato di guerra e far sentire al mondo la loro voce. Non ho visto artisti contemporanei con tanto coraggio”.
Nel libro c’è la genesi, l’evoluzione, l’epoca d’oro, le decine di diramazioni, le ultime evoluzioni del rock. Raccontato con date e aneddoti, il percorso nelle centinaia di pagine è arricchito da ricca documentazione fotografica e un’impaginazione da rivista con approfondimenti a latere in colori diversi. Ci sono dichiarazioni delle più leggendarie rockstar, decine di discografie consigliate e una cronologia storico-musicale, diretta al cultore più accanito o al lettore curioso.
Ezio Guaitamacchi dice: “C’è ancora un legame tra il rock e le grandi battaglie politiche, lo stravolgimento del clima, ad esempio, smuove le coscienze dei musicisti. Le tematiche planetarie aggregavano dei numeri uno e c’erano movimenti mondiali un tempo, ora forse l’impegno riguarda solo i singoli”.
Jessica Testa prova a interpretare questa vacatio così: “Siamo generazioni inevitabilmente più distratte perché focalizzate sul momento e sulla nuova tecnologia che presta attenzione all’effimero”.
“La parola ha un uso per me che va oltre l’aspetto stilistico. Chiamo pop la musica che ha un obbiettivo dichiaratamente commerciale, mentre il rock ha un obiettivo prevalentemente artistico. A volte le cose si incrociano come nei Beatles, che hanno avuto un immenso riscontro di pubblico tenendo alta la qualità. Ecco perché ritengo questo libro una storia dell’arte popolare che si analizza nel luogo e nel tempo che l’ha generata. Dall’epoca di Mtv all’avvento dei social media è cambiata la fruizione della musica. Mi spiace vedere che non ha più la funzione aggregativa e identitaria di un tempo. Il verbo sognare è sparito perché abbiamo a disposizione tutto e per tutti. Bisognerebbe capire perché spesso si prende solo la parte più stupida di tutto il disponibile”.
Certo, proprio nel 2022 ci sono ancora vivi e vegeti i protagonisti di un tempo: Bob Dylan non ha mai smesso di fare concerti, nemmeno dopo il Nobel del 2016. Paul McCartney ha annunciato un tour per i suoi 80 anni e i Rolling Stones stanno per tornare allo stadio San Siro il prossimo giugno. “Oggi – osserva Guaitamacchi – l’altro punto dolente è la qualità dell’ascolto della musica registrata, che è scesa per la prima volta in 120 anni. E in classifica ci sono solo i fenomeni ma non i reali geni. Detto questo, avrei potuto scrivere poco sulla Trap, perché non mi piace, ma mi sono accorto che crea interazione tra chi la produce e chi la fruisce, uno scambio già successo nel mondo del rock. Nasce ad Atlanta, Georgia come accompagnamento al consumo di droghe e poi diventa voce di un mondo ghettizzato ed emarginato, la parte più gangster del rap. Purtroppo essendo frutto di questo tempo, spesso contiene ostentazione di violenza e risulta molto diversa dal Rap che nasce sulla strada e dalla rivendicazione dei neri. Per me quella era la versione anni Ottanta del Blues degli anni Venti”.
Guaitamacchi, e chi con lui ha vissuto gli anni della presa inevitabile dei generi musicali giovanili sulle generazioni di ascoltatori, racconta anche di sogni: “Noi sognavano la California come un luogo paradiso della musica. Oggi, a far sognare ci pensano dei ragazzi romani che mandano a quel paese Putin dal palco di Coachella. Quel gesto non basta, però. Bisogna smuovere le coscienze. I Beatles quando arrivarono in America nel 1964 misero in moto un meccanismo imitativo che non si era mai visto prima. Tutti gli adolescenti si misero a fare musica e soprattutto, presero coscienza di una cosa: voler essere diversi da mamma e papà”.