In quarantena è stato per me normale scrivere, e questo capitolo sulla passione per Netflix fa parte del mio libro inedito, “A un metro di distanza dal coronavirus“, che per ora non vedrà la luce per due motivi: gli editori vogliono girare pagina e trattare altri argomenti, ed io che amo presentare i miei romanzi, non potrei farlo per le attuali restrizioni. Convinta che le testimonianze siano preziose, specie se di eventi epocali come questo, sono certa che in futuro ci sarà spazio, e tornerò a dialogare con il pubblico dei lettori.
Sia da docente che da scrittora, mi relaziono in tempi normali ad un’infinità di persone. Insegnare significa gestire una socialità elevata all’ennesima potenza, dove in ogni classe durante le lezioni, ci si confronta con un piccolo auditorio che ascolta e risponde agli stimoli, partecipando e replicando alle suggestioni date.
In misura diversa, ma con eguale intensità di emozioni, lo stesso si verifica davanti ad una platea durante una presentazione letteraria, o se assisto in veste di giornalista, ad una conferenza stampa o a un evento, che va dalla sfilata di moda nel corso di una fashion week, al Festival di Sanremo.
Mentre il mostrarsi al mondo, svanisce come una bolla frantumata dalle dita di un bambino dispettoso, non resta che ripensare a situazioni e contesti, che vanno ridisegnati, pure nell’ambito degli svaghi, che se occupano uno spazio residuale, sono comunque fondamentali nell’essere la molla che ricarica la quotidianità, ed il sale che insaporisce le giornate.
Il leggere e lo scrivere, da sempre compagni fedeli, con cui occupo la giornata già dalle prime ore dell’alba, adesso diventano alleati di ferro. Tuttavia, la mia panacea si chiama Netflix, in tempo di coronavirus.
Il mio profilo era piazzato sullo schermo inutilizzato: se è vero che esiste un momento giusto che si presenta per ogni cosa nella vita, dopo la prima settimana di quarantena, mi risolvo, schiaccio il cursore, ed inizio a navigare nell’oceano dell’intrattenimento di questo sorprendente network.
Guardo un numero non quantificabile di film e documentari, ma mi appassiono con l’entusiasmo della neofita alle serie televisive, ingrossando a dismisura la lista dei miei preferiti: la tecnica è seguire i suggerimenti partendo dalla voce dei contenuti simili, a chiusura di un titolo che ha particolarmente entusiasmato, collezionando presunte perle luminose, alla mia sempre più lunga collana di gradimento.
La riflessione, è che nulla di nuovo brilli sotto il sole: il successo del canale, è dato dall’avere creato, sull’invenzione di internet, una proposta contemporanea a quelli che una volta erano gli sceneggiati televisivi, poi diventati fiction, ripescando inoltre le telenovelas, e facendone man bassa, rivisitandole in chiave attuale.
In momenti in cui occorre divagare, mi appassiono a quelle ambientate oltre oceano: fanno da padrone del mio telecomando, mettendolo sotto scacco, quelle americane, che mi fanno viaggiare tra New York, Atlanta, Los Angeles, Dallas.
Si spalancano sipari di velluto, che regalano scenari di grattacieli, visuali metropolitane, mostre, inaugurazioni, matrimoni, privè di night club, che si danno in pasto, e sono fagocitati, dalla mia mente affamata di evasione.
Indosso assieme ad attrici bellissime e affascinanti, abiti pazzeschi dalle fogge più sofisticate e dai tessuti più ricercati, mi adorno con parure di gioielli preziosi, calzo con la fantasia Louboutin e Jimmy Choo, dai tacchi a stiletto, volteggio in atmosfere in cui lievito beata, sollevandomi parecchi metri da terra, dall’attuale contesto, che racconta purtroppo di paura, tristezza, preoccupazione.
Se lo scopo è astrarsi e favoleggiare un mondo altro, viene assolto brillantemente.
Se il compito è fare compagnia e svagare, mai come adesso risulta concreto.
Sono grata a Netflix, come un caro amico sollecito che distoglie dalle ansie, attrezzando delle ore chiare e frizzanti, in circostanze in cui attorno, è buio pesto.
Se per il mio lavoro, che amo sovranamente, informarmi resta un compito ed obbligo imprescindibile, un nuovo corso della vita, uniformemente grigio, senza odori né sapori, ha soppiantato la malinconia delicata dell’Autunno, il rigore gelido dell’Inverno, il risveglio trionfante della Primavera, la forza calorosa dell’Estate.
Si ha bisogno di picchiettare un cielo opaco, con l’allegria di puntini colorati, immaginando sensazioni, inghiottite nel nulla di un’esistenza che non si acchiappa più, tanto sfugge fluida dalle mani.
Chissà quando torneranno ad alternarsi i cadenzati dodici mesi di sempre, dentro l’arco di quattro cicliche, solite stagioni.
Manca, la rassicurazione di una madre che dona salute.