Lo scrittore Lorenzo Galantino, dopo il successo dei suoi romanzi, “Tutto appariva in bianco e nero”, e “Non è poi la fine del mondo”, arriva in libreria, sempre per i tipi di Ensemble, con una raccolta antologica, “Congiunti”, arricchita dal prezioso contributo di un suo racconto, intitolato “Ossigeno”, maturato nel clima cupo di lockdown, purtroppo da tutti vissuto, a causa del coronavirus.
Ancora una volta, la franca limpidezza della scrittura, conduce ad una lettura avvincente e piacevole, che avvalora i premi autoriali ricevuti, e le presentazioni letterarie affollatissime, in tempi non ancora soggetti alle restrizioni attuali.
Cosa ha significato per te scrivere durante il periodo di isolamento?
In effetti ho avuto un momento di abbandono, in cui stavo dentro un clima di strana attesa, vivendo alla giornata. Mentre per molti colleghi scrivere è stato liberatorio, ero come inibito. È stata la proposta dell’editore che mi ha stimolato, proponendomi di fare parte di questa raccolta antologica intitolata “Congiunti”: ho accettato, e mi sono sbloccato.
Molte case editrici hanno rifiutato testi inediti relativi alla pandemia, affermando che i lettori avessero bisogno di girare pagina e decongestionarsi. Tu che ne pensi?
In realtà, questa antologia è nata a tema libero, e non era necessario rifarsi al coronavirus. Ognuno era libero di scegliere se approcciarsi o no al tema. D’istinto, ho girato le lancette del mio orologio a due anni fa, quando sono entrato in coma per sette giorni.
Cosa ha significato svelare una così traumatica fase della propria vita?
Ha significato liberarsi da un fantasma terribile, nero come la morte, e tingere le pagine bianche con il colore rosso della speranza. Mi sono emozionato scrivendo, e spero di donare al lettore il medesimo impatto emotivo.
Il racconto si chiama “Ossigeno”.
Sette giorni di coma, mi hanno costretto alla rianimazione ed alla respirazione artificiale, da qui il titolo “Ossigeno”. Il coma, oltre all’aspetto della respirazione, si lega ad un continuo dormire, affollato da tanti sogni, che dopo ho cercato invano di decodificare. Una volta fuori, occorre attuare la riabilitazione fisica di un corpo che si è lasciato andare, e va fortificato.
Qual è la sensazione del tuo ritorno alla vita che è prevalsa?
Il senso reale ed emblematico, di fragilità delle mie braccia, totalmente prive di forza, come se non potessero più riabbracciare la vita.
Immagino vorresti poterlo presentare per condividere la tua esperienza narrativa con i lettori.
Per il momento non sono previste presentazioni, tutto dipende da come evolve la pandemia, ma non si escludono eventi corali a più autori.
Hai all’attivo due romanzi editi con successo: qual è la differenza tra il libro a lungo respiro e il racconto?
A me è congeniale il racconto, e ne ho scritti diversi: permettono di esprimere in modo rapido, una situazione ed un sentimento, con una trama magari meno strutturata, ma se hai un’idea vincente, fa ugualmente centro.
Non posso non chiederti se sei all’opera con qualcosa di nuovo.
Sto scrivendo il terzo romanzo: sono a metà dell’opera, ed i personaggi si stanno dipanando piano piano. Comincio a sentirli amici, ed è un buon segno!
Pubblicare è difficilissimo: cosa consiglieresti ad un giovane scrittore oggi?
Di coltivare molto bene il proprio lavoro, affidarsi ad un bravo editor per avere un’opera ben curata, partecipare ai concorsi che possono aprire delle strade. L’editoria è un settore difficile, ma bisogna avere tenacia se si è convinti di possedere un prodotto genuino e originale.
In modo lapidario: a cosa equivale per te, scrivere?
Scrivere mi aiuta a sviluppare il pensiero: lo mette in ordine dandomi pace. Se dovessi attribuire un colore a questo meraviglioso percorso, lo tingerei di azzurro, perché è il colore che preferisco, ed il più giusto per viaggiare nell’infinito della fantasia.