Ha fatto attendere il talentuoso scrittore Lorenzo Galantino per consegnare ai lettori il suo nuovo libro “Non è poi la fine del mondo” edito da Ensemble.
L’autore di origine pugliese e milanese di adozione, con il suo romanzo d’esordio “Tutto appariva in bianco e nero”, ha fatto incetta di premi e presentazioni letterarie affollatissime. La sua nuova opera, si fa forte di una narrazione scorrevole, e di una penna incisiva che è una certezza, con il pregio di essere completamente diversa dalla prima. E Galantino, pure stavolta, fa centro.
Quando è uscito il romanzo e dove lo hai già presentato?
Il libro è uscito a metà marzo e l’ho presentato al “Book Pride” di Milano il 17 Marzo, con un successo di pubblico e vendite assai lusinghiero. Naturalmente non mi fermerò qui, e sono previste altre date.
Quanto hai impiegato a scrivere “Non è poi la fine del mondo”? C’è un lasso temporale con il tuo primo libro.
Il libro esce a distanza di tre anni da “Tutto appariva in bianco e nero”, e di fatti, ho impiegato più o meno lo stesso tempo a scriverlo. È stato un travaglio abbastanza laborioso, per motivi personali, ma come sempre, quando una storia urge dentro e chiede di essere narrata, si trova prima o poi lo spazio da dedicarle.
In poche parole per non togliere ai lettori la curiosità di leggerti, mi accenni il plot?
Narro la storia di Ascanio che, quasi dall’oggi al domani, cambia vita. Il protagonista fa quello che molti dicono e desiderano fare, però non mettono mai in atto. Si trova nella situazione estrema: deluso dalla politica, essendo sindaco del paesino dove vive, e tradito dalla moglie, si ricostruisce una vita nuova e opposta. Dalla montagna passa a vivere al mare, sogna noia e lentezza, invece non sa stare mani nelle mani, e ritorna al lavoro di artigiano del legno. Nel frattempo, guarda il mondo intorno a sé. E la sua scelta, da radicale, diventa più morbida e meno spigolosa.
Sei passato da un’ambientazione metropolitana e milanese del primo libro, a una in un borgo delle Cinque Terre. Volevi spazi rarefatti per ingigantire la trama?
Volevo spazi rarefatti per consentirmi di sviluppare una trama introspettiva. Il paesaggio e i luoghi sono funzionali ad Ascanio per aprire un mondo interiore su cui lui stesso, fino a quel momento, non si era particolarmente soffermato. La dimensione ambientale ridotta, in cui non si usa la macchina e muoversi è un’impresa, lo aiuta a non disperdere l’orologio del tempo.
Un uomo vede terremotate le sue certezze per un tradimento e reagisce con un impulso da “fine del mondo”, ma attorno a lui si minimizza in un “Non è poi la fine del mondo”.
Esatto. È tutto relativo. Lui drammatizza perché subisce in prima persona, e certamente, il dolore è suo. Tuttavia voglio lasciare una morale: esiste sempre un domani ed un futuro davanti. Spesso viene rinfacciato di smetterla di piangersi addosso e fare drammi, togliendo da sé un’indulgenza eccessiva.
Il pessimismo della storia, è una resa dei conti di fronte ad un agire superficiale ed ineluttabile?
Ascanio un po’ si arrende. La sua è una vita integerrima in cui deve riflettere, e fare mente locale, che gran parte della gente, la pensa diversamente. In questo esame di coscienza, dovrà convenire che pure lui ha uno scheletro nell’armadio, con cui deve fare i conti. La resa, è l’accettazione delle imperfezioni degli altri e di se stesso.
La capacità di ricominciare di Ascanio è tuttavia, un messaggio per chiunque: tutti possiamo tracciare un nuovo percorso di vita.
Assolutamente. Il mio protagonista ci prova e ci riesce. Ricomincia da dove aveva interrotto: riprende a fare l’artigiano, e riallaccia il rapporto imperfetto con la figlia che, aiutata dal suo maturare comprende gli sbagli, e ne guadagna il rapporto con il padre.
Il romanzo, in un finale al fulmicotone, regala la possibilità di un sequel: lo hai in mente?
Non amo fare i sequel. In teoria pure il mio primo romanzo dava adito ad una continuazione. Mi piace che sia il lettore a immaginare un dopo per i miei personaggi, che non voglio scombinare da come li ho tracciati. Inoltre, sarebbe troppo macchinoso da fare, e non mi va di ricamarci sopra.
Da scrittore ed intellettuale, consegni un messaggio ai giovani che ti leggeranno?
Il messaggio tra le righe è non giudicare mai troppo frettolosamente gli altri, vivere una vita più razionale e meno di pancia, com’è implicito nella natura giovanile. Infatti lo accenno quando parlo del ‘carpe diem’ da loro tanto amato, che non è quasi mai la strada giusta da percorrere.
L’intervista è terminata e la scrittora augura che si dica il più possibile “Non è poi la fine del mondo”.