Sono entrata all’Istituto Alberghiero “Carlo Porta” di Milano diretto dalla prof.ssa Rossana Di Gennaro, non in veste di scrittrice e giornalista, ma in qualità di commissaria esterna di italiano e storia agli esami di Stato. Tuttavia da osservatrice, mi ha colpito questa realtà particolare, in cui nella sezione di cucina, si formano i futuri chef di domani, ed ho desiderato scriverne.
In un periodo in cui la cucina impazza protagonista in qualunque canale televisivo, con format di successo che sbancano l’audience, e tanti da cuochi della domenica, si trasformano per magia in esperti chef professionisti, al “Porta” esiste una realtà scolastica virtuosa e laboriosa, che forma studenti che si diplomano in provetti chef.
Già dal terzo anno nei loro stage lavorativi, hanno l’opportunità di entrare in ambiti professionali di rilievo, quali strutture alberghiere, club privati, ristoranti, spesso molto esclusivi e pluristellati. Qui, oltre ad affinare quanto praticamente studiato e sperimentato dentro cucine iper professionali, questi giovani si trasformano ed evolvono ben presto, in abili ed apprezzati lavoratori. Per i più talentuosi, si scaleranno i gradini di un lavoro in ascesa, che potrebbe spalancare successo, carriera, guadagni.
In ogni caso per tutti, c’è un contratto assicurato e ben remunerato, perché qui, il duro impegno e la fatica, pagano.
Me lo racconta il professore e cuoco Bruno Tassone, validissimo docente di “enogastronomia nel settore cucina”, al “Carlo Porta” da oltre dieci anni.
Qual è la tua storia professionale?
Ho iniziato giovanissimo in cucina, scalando i vari livelli della professione, fino a diventare chef capo partita in vari hotel e villaggi turistici di lusso, in cui mi sono relazionato con tantissime star. Una curiosità: al “Simeri Crichi” della Valtur, era mio collega, in qualità di animatore, un giovane e sconosciuto Fiorello, poi ritrovato al Sestriere in qualità di ospite ormai famosissimo. È stata grande la mia gioia nel vedere che non ha mancato di salutarmi con affetto.
Quanto incide la fascinazione dei programmi televisivi sul concreto desiderio di diventare chef?
All’inizio del fenomeno dei primi “Master chef”, indubbiamente molti arrivavano da noi con un’idea mistificata dalla televisione. Oggi non è più così: il calo demografico si avverte in tutte le scuole, ma chi si iscrive da noi, è spinto da una vera passione.
Quali sono i problemi che riscontri?
Il problema principale al biennio, è lavorare sulla postura, sull’igiene meticolosa di se stessi e della propria postazione. Inoltre, rispetto al passato, c’è un affanno sulla motricità fine: i giovani mancano di scioltezza nei movimenti e nell’uso degli attrezzi, che va addestrata ed esaltata.
Dal punto di vista relazionale si impara tanto?
Moltissimo! L’ordine ed il comportamento di seria interazione all’interno di una brigata, è la condizione basilare. Per questo molti genitori iscrivono i loro figli con disabilità da noi. Qui trovano corretta accoglienza, e le aziende, dopo il diploma, offrono loro un posto di lavoro, dove si inseriscono serenamente.
Avete un ristorante didattico molto accreditato.
Il nostro ristorante funziona giornalmente a pranzo, ed un paio di volte al mese per cena. È un vero percorso gourmet, in cui la brigata si divide in sottogruppi, comandati da un capo partita: antipasto, primo, secondo con contorno, dolce.
Qual è il criterio con cui si sceglie il menù?
In terza liceo si opta per una cucina italiana, dalla quarta fino alla quinta, si spazia nell’internazionale, ma sempre con attenzione ai prodotti a chilometro zero, perché altamente attenti all’eco sostenibilità.
Dal triennio gli studenti effettuano stage lavorativi.
Fanno parte del percorso scuola-lavoro, ma per loro sono delle vetrine da cui scaturiscono contratti di impiego a tempo indeterminato. Molti adesso lavorano per la società di catering “Area Kitchen” che si occupa dell’Inter, altri sono al “Grand Hotel Et Milan”, al ristorante “Santa Sofia”, al “Manzoni”, al “Marriott”, giusto per citare nomi internazionali.
La tua soddisfazione personale?
Ho chiuso una carriera, per la gioia che mi dà insegnare e formare studenti che, da chef in erba, osservo man mano sbocciare. Tutti rafforzano le loro abilità professionali, ed in una catena virtuosa, gli studenti stagisti, spesso s’imbattono in un ex diplomato che li accoglie con particolare disponibilità nella sua cucina. In un momento storico complesso, qui i contratti sono a tempo indeterminato: un miraggio per l’attuale realtà!
La mia soddisfazione, andando in giro, è sentirmi chiamare da giovani che ringraziando, mi salutano con affetto. Significa che in questa cucina scolastica, li ho davvero liberati, facendo sprigionare tutta la fantasia e la creatività necessarie per costruire un piatto che racchiude non solo sapori, ma storia ed emozione.