Un nuovo modo di far appassionare i ragazzi all’architettura. E soprattutto fornendo loro un bagaglio che possa far riconoscere il bello. L’architetto Gionata Tiengo, nato nel 1970 a Bollate, lo attua con soddisfazione in un progetto che riguarda gli alunni di un liceo milanese. Dopo aver frequentato il “2° Liceo Artistico”, oggi “Caravaggio”, al Politecnico di Milano si è laureato in Architettura. Oggi Tiengo affianca alla libera professione, la carriera di docente di “Discipline Progettuali Architettura Ambiente” presso il Liceo Artistico “Umberto Boccioni” di Milano. Dal 2016 ha ideato “Divulgarch”, un progetto visionario con cui invita i giovani a “leggere” le opere architettoniche, affrontandole in un rapporto diretto, che sviluppi l’attitudine all’osservazione dal vero. E se di divulgazione si tratta, si punta alla ricerca di veri tesori trascurati del territorio milanese, sui quali si accende il giusto faro attentivo.
Hai avuto un maestro nei tuoi studi di architettura?
Un maestro è stato l’architetto milanese Ignazio Gardella, al quale mi sono approcciato da studente della facoltà di Architettura, e dopo ha continuato ad essere fonte di ispirazione, sia per il lavoro di docente presso il Liceo Artistico “Umberto Boccioni” di Milano, che per l’esercizio dell’attività di libero professionista. Una vera linea guida, quel suo sapersi districare tra modernità e tradizione.
Tu lavori su Milano ed hinterland: il territorio come si è evoluto architettonicamente negli anni?
Dal secondo dopoguerra in poi, Milano è stata ed è, un eccezionale laboratorio architettonico, un’eccellenza a livello mondiale. Sin dai tempi del Politecnico, ho rilevato una maniacale ossessione alla forma delle preesistenze, prima di arrivare all’idea progettuale, per costruirla e sostanziarla. Si portava e si porta il futuro, traghettandolo attraverso il rispetto del passato.
Come nasce “Divulgarch”?
Riflettevo sulla difficoltà di fare accettare ed apprezzare opere contemporanee, rispetto a quelle somme della tradizione, alcune davvero sfortunate, o comunque non baciate da pubblica fama. È l’eterno dilemma dell’arte attuale, declinata in tutte le sue espressioni, che fatica a trovare podio e onori, rispetto a quella consolidata del passato. Il progetto “Divulgarch”, proposto all’interno del Liceo Artistico “Boccioni”, a cui dall’anno scorso si è aggiunto il collega architetto Salvatore Rugino, è stato da me ideato nel 2016, data non casuale. Non si era ancora spenta l’eco dell’“Expo”, visitato da tutto il mondo come una rutilante enclave, in cui tuttavia, si era ignorato il contesto in cui questa realtà era sorta. Eppure a un chilometro dall’ingresso di Roserio, sorge la chiesa di vetro di Baranzate “Nostra Signora della Misericordia”, progettata dagli architetti Mangiarotti e Morassutti, assoluto capolavoro mondiale dell’arte contemporanea, che nessuno si era sognato di visitare!
Si profila un’idea precisa: non è necessario essere un archistar, per creare capolavori?
Certo, ed il mio intento con i giovani, è mostrare non quello a cui possono accedere platealmente, ma i brillanti nascosti. Il primo anno ho esordito in modo monotematico, proponendo visite di chiese della periferia milanese, edificate secondo il piano del Cardinale Montini, ingiustamente ignorate, come quelle di Figini e Pollini, o di Gardella. I luoghi di culto sono tipologie interessanti: si affrontano vari temi, come quelli della luce e dello spazio.
C’è un’opera a cui sei particolarmente fiero di avere donato la ribalta?
L’intento è fare capire che esiste un’architettura contemporanea non famosa, dove la mancanza di notorietà, non può sottrarre l’essere oggettivi capolavori. Si toglie quella patina di diffidenza, dettata dal sentire comune, che addirittura le osteggia. Comprendo che di primo acchito, esiste una reticenza di contatto, ecco perché deve essere proposta, spiegata e svelata, attraverso tale buona pratica.
Qual è la più grande soddisfazione nel dipanarsi di questo percorso?
Mi affascina l’idea di passare un testimone divulgativo, nel quale chi partecipa ai miei tour, torna a casa e racconta in famiglia cosa ha visitato, instillando una curiosità imitativa. Oppure, ritrovandosi con un amico in quel percorso, invece di tirare dritto, commenta invitando a fermarsi, per guardare la tal chiesa, in un passaparola culturale che decreta che si è lasciata una traccia. Inoltre, e non è trascurabile, ci si smarca dall’esperienza social, delle foto guardate distrattamente su Instagram.
Dopo sei passato alle visite degli edifici residenziali.
Per esempio abbiamo osservato il territorio di Cascina Merlata, raccontando le logiche con cui è stato progettato ed edificato il quartiere, per soddisfare le esigenze di nuovi nuclei abitativi, senza lasciare nulla al caso, sollecitando pure la collaborazione delle attività comunali.
Qual è la visita che ti rende più orgoglioso?
Quella della chiesa degli anni cinquanta “Madonna dei poveri” di Figini e Pollini sita nel quartiere milanese di Baggio: un’opera rude e forte, come evoca il suo nome, condannata alla noncuranza di passanti frettolosi. Ho capito la bontà della scelta, dai commenti di consenso che i ragazzi, con il loro colorito linguaggio gergale, hanno tributato già solo varcando il portale.
Oppure cito il complesso “Monte Amiata” nel quartiere del Gallaratese, progettato dagli architetti Carlo Aymonino ed Aldo Rossi alla fine degli anni Sessanta: una sapiente alternanza tra la parte di Aymonino, ricca di colori sgargianti e fantasiosa, a quella rigorosa di Rossi. Ancora una volta, se non ci si evolve dal vedere all’osservare, nulla si svela della magia di questo poderoso progetto.
Mi spieghi il concetto di crescita civica?
È per me basilare, in quanto libera dal pregiudizio chi, a priori, non vuole visitare un luogo o un’opera. Questo atteggiamento di rigido scarto, potrebbe in casi estremi, portare al rischio della demolizione di autentici capolavori. Valorizzare, serve a costruire il senso civico, ad apprezzare i posti dove si vive, intrecciando con questi una relazione affettiva. Esistono studenti, che quasi si vergognano di abitare in paesi e quartieri non alla moda, a cui restituisco l’orgoglio dell’appartenenza, proprio svelando i punti di forza architettonici.
Nelle foto in basso da sinistra, PAC Padiglione di Arte Contemporanea, opera di Ignazio Gardella, Pirelli Headquarter alla Bicocca, chiesa S. Francesco al Fopponino, opera di Giò Ponti.
La chiesa Madonna dei Poveri, opera di Luigi Figini e Gino Pollini
Quali difficoltà si incontrano nell’attuare “Divulgarch”?
Dopo il lavoro di selezione, i problemi maggiori sono legati alle pubbliche relazioni ed ai contatti, specie se si deve visitare un luogo privato, non facilmente accessibile. A volte si instaurano legami sorprendenti, considerando che i nostri ospiti intervengono a titolo gratuito. L’architetto Jacopo Nardella, figlio di Ignazio, di cui abbiamo ammirato tante opere, come la chiesa di “San Nicolao della Flue” del quartiere Forlanini, si è offerto di accompagnarci, preparando addirittura delle dispense delucidative. “Divulgarch” si è appena conclusa per quest’anno con la visita all’ “NH Collection” di City Life, creato dall’architetto Reginaldi, dello studio “Quattroassociati”, integrando, in una felice fusione tra passato e presente, l’ex Chiesa di “Cristo Re”, in un hotel dalla stratosferica architettura. L’accoglienza in questa struttura, raccontata dallo stesso Reginaldi, è stata preceduta da un intenso lavoro relazionale.
Interagire con i giovani, sviluppa un rapporto diverso?
Ovviamente: si insegna a menti aperte e non contaminate. Mi affascina usare le opere come pagine parlanti di un libro, che si apre concretamente, con gli occhi sgranati sul territorio. Capita che magari dopo un mese, mentre si è in aula a sviluppare un progetto, uno studente osservi “non ho disegnato angoli retti, come faceva Giò Ponti!” Allora realizzo che ho fatto centro: il valore della semina, è dato dal sapere aspettare con pazienza, il tempo maturo del raccolto.