Che Willy Loman sia uno dei personaggi della letteratura americana più conosciuti non vi è alcun dubbio e che “Morte di un commesso viaggiatore” sia una delle tragedie moderne più rappresentate è inutile dirlo. Questo spettacolo, in scena al Teatro Franco Parenti di Milano fino a domenica 1’ maggio, incarna perfettamente ogni periodo storico fin dalla sua prima rappresentazione, nel 1949. Come se questa vicenda proseguisse anno dopo anno, di città in città.
Rappresentato per la prima volta al Morosco Theatre di New York il 10 febbraio 1949, è rimasto in scena per 742 repliche per la regia di Elia Kazan, mentre La prima rappresentazione italiana è stata il 10 febbraio 1951 al Teatro Eliseo di Roma, per la regia di Luchino Visconti. Mostri sacri del teatro come Tino Buazzelli, Giulio Bosetti, Enrico Maria Salerno, Eros Pagni si sono “scontrati”con Willy Loman rendendo indimenticabili interpretazioni. In questa edizione, per la regia di Leo Muscato, è Michele Placido a vestirne, col talento che lo contraddistingue, i panni del povero Willy.
Willy Loman è un commesso viaggiatore di 63 anni, ossessionato dall’idea del successo e dal perseguimento ad ogni costo della felicità materiale, come la società americana voleva a tutti i costi dimostrare. Nel corso di uno dei suoi viaggi di lavoro, si accorge di non essere più in grado di guidare la sua vettura e rientra a casa disperato, accolto dalla moglie Linda. Biff e Happy, i loro due figli ormai adulti, si trovano a casa quella sera, per incontrarsi dopo anni di lontananza. Mentre Linda e Willy discutono dei loro figli e del fatto che nessuno dei due sia una persona di successo, i due ragazzi intanto parlano del padre e Happy racconta a Biff come negli ultimi tempi il loro genitore sia sempre più strano, tanto da parlare da solo di eventi passati. Si apprende anche come Happy abbia un lavoro di basso livello; inoltre in molte occasioni ha avuto delle relazioni con le future mogli dei suoi datori di lavoro.
Nel frattempo il padre esce di casa ed inizia a vagabondare per la città parlando da solo: riporta alla memoria eventi passati e felici della famiglia Loman. Biff, quando era giovane, stava per ottenere il diploma alla scuola superiore: numerose università gli avevano anche offerto borse di studio per le sue doti di giocatore di football. Nel presente intanto, la madre e i figli discutono delle condizioni del padre e la donna li informa del fatto che Willy ha già tentato il suicidio. Biff e Happy si mostrano volenterosi nell’aiutarlo e, quando il capofamiglia rientra in casa, gli comunicano che il giorno dopo Biff andrà a cercare un lavoro da un suo vecchio conoscente. Willy tenta di ottenere un lavoro fisso che non sia più quello del commesso viaggiatore, a New York: si reca dal suo datore di lavoro, che addirittura lo licenzia sgarbatamente. Willy è quindi costretto ad elemosinare soldi da un suo caro amico, Charley.
I figli ed il padre si incontrano al termine della giornata in un ristorante; Willy non riesce ad ammettere di aver fallito l’ennesimo tentativo di trovare un lavoro stabile e remunerativo. I due giovani invece di cenare con il padre si accostano a due donne, presumibilmente prostitute, ed escono dal ristorante con loro mentre a Willy affiorano dalla memoria altri ricordi: in passato ha avuto un’amante e Biff, trovandoli insieme, ha perso la sua fiducia nel padre, rinunciando a seguire i corsi che gli avrebbero permesso di guadagnare l’accesso all’università. Willy rientra a casa e, quando anche Biff e Happy rientrano, i tre hanno un acceso diverbio; grazie all’aiuto di Linda sembra che anche questo litigio sia risolto, ma Willy lascia la casa e corre via in auto a folle velocità.
Il requiem finale narra del funerale, che avviene pochi giorni dopo, nella totale indifferenza dei conoscenti di Willy, tanto che solo Charley e suo figlio Bernard presenziano, oltre alla famiglia. Willy si è suicidato per permettere alla famiglia di riscuotere il premio assicurativo sulla sua vita, donando loro un minimo di agiatezza e un poco di aspettative per Biff, permettendogli di iniziare forse una attività commerciale. Linda, china sulla tomba, porge l’ultimo saluto al marito, spiegando di non comprendere quel suo gesto estremo proprio nel giorno in cui avevano finito di pagare il mutuo della loro abitazione, giorno che avrebbe dovuto essere finalmente “felice” dopo le tante vicissitudini passate. Un riscatto nei confronti della vita così cinica e spietata che non permette ad un povero uomo in là con gli anni, di poter vivere serenamente la sua vecchiaia. Dodici bravissimi attori ci lasciano sbalorditi per la tanta bravura, per i toni recitativi, per i tempi. Placido si presenta a noi nudo, con l’anima aperta, scoperta, stravolta. Un uomo che ha allevato i figli nel culto dell’apparenza e della superficialità, facendone dei falliti, incapace di non pensare al futuro dei figli e di riscattare così, grazie al loro successo mai avvenuto, la sua piccola vita. Una interpretazione che si ricorderà a lungo. Placido incarna un Willy Loman stanco e finito, fallito, trasmettendo al pubblico il suo senso di vergogna e di inadeguatezza, la caparbietà di un uomo che riversa su Biff, delle aspettative troppo grandi e irrealizzabili e che lo porteranno a prendere una decisione dalla quale non si potrà mai tornare indietro.
Michele Placido
Alvia Reale
in
Morte di un commesso viaggiatore
di Arthur Miller
traduzione di Masolino D’Amico
con Fabio Mascagni, Michele Venitucci
con la partecipazione di Duccio Camerini nel ruolo di Charley
e con Stefano Quatrosi, Beniamino Zannoni, Paolo Gattini, Caterina Paolinelli, Margherita Mannino, Gianluca Pantosti, Eleonora Panizzo
regia Leo Muscato
scene Andrea Belli
costumi Silvia Aymonino
disegno luci Alessandro Verazzi
musiche Daniele D’Angelo
produzione GOLDENART PRODUCTION in coproduzione con Teatro Stabile del Veneto e Teatro Stabile di Bolzano