Ultima rappresentazione alla Sala Fassbinder de “La notte di Antigone” al Teatro dell’Elfo di Milano, la sala è piena, siamo in attesa che la rappresentazione inizi. Un senso di appartenenza a questa storia prende parte ad ognuno di noi: la storia di Antigone, la storia di Stefano e Ilaria Cucchi e di tutto quello che ne comporta. Cucchi è stato protagonista delle cronache italiane per un caso di maltrattamento in carcere che ha diviso e indignato il Paese nel 2009. Le Antigoni di ogni tempo e di ogni luogo sono donne che si sono battute per aprire la strada ad altre Antigoni: donne che hanno cercato la verità sfidando il sistema, forse per un senso innato di giustizia, forse per amore di un fratello tanto inafferrabile nella vita, quanto presente nella sua assenza. Forse perché Antigone non si nasce, ma ci si scopre lottando.
Ed è questo che Giulia Viana costruisce con il personaggio ispirato alla figura di Ilaria Cucchi. Per chi non lo ricordasse, Antigone è una tragedia di Sofocle e narra la vicenda di questa donna che decide di dare sepoltura a Polinice, suo fratello. Pur contro la volontà del nuovo re di Tebe, Creonte, che l’ha vietata con un decreto. Polinice, infatti, è morto assediando la città di Tebe, comportandosi come un nemico: non gli devono quindi essere resi gli onori funebri. Scoperta, Antigone viene condannata dal re a vivere il resto dei suoi giorni imprigionata in una grotta. In seguito alle profezie dell’indovino Tiresia e alle suppliche del coro, Creonte decide infine di liberarla, ma è troppo tardi perché Antigone nel frattempo si è suicidata impiccandosi. Questo porta prima al suicidio del figlio di Creonte, Emone, promesso sposo di Antigone, e poi della moglie Euridice, lasciando Creonte solo a maledirsi per la propria intransigenza.
Antigone si reca a dare la giusta sepoltura al fratello, trovandolo lì, esanime, con ancora troppi fatti a cui dare una risposta. Come successe ad Ilaria. Immaginiamo cosa si potrebbe provare, cosa proverebbe ognuno di noi, se ci accompagnassero innanzi al cadavere di un nostro familiare senza spiegabilmente capirne il decesso? Quanto sarebbe forte la nostra voglia di arrivare ad una conclusione, alla verità? Riusciremmo a condurre una battaglia così estenuante contro Creonte(interpretato da Enzo Curcurù), quanti dubbi ci assalirebbero?
Si dipana così un racconto forte, emotivamente impegnativo e coraggioso. Dopo un film, anche il Teatro racconta una pagina nera della nostra storia dando ad ognuno di noi il senso che questo racconto civile abbia avuto la sua giustizia.
Un gruppo di attori che ben si muove lungo una scena circolare, usando metaforici e reali sipari a dividere la scena reale dai ricordi, i giorni felici da quelli della tragedia. Un plauso a tutta la compagnia, alla forza del gruppo, alla narrazione che si libra tra flash back e realtà, che non avremmo mai voluto accadesse.
La notte di Antigone (foto di apertura servizio di Chiara Asoli)
drammaturgia Giacomo Ferraù, Giulia Viana
regia Giacomo Ferraù
con Edoardo Barbone, Enzo Curcurù, Giacomo Ferraù, Ilaria Longo, Giulia Viana
regista collaboratore Libero Stelluti
consulenza drammaturgica Carlo Guasconi
movimenti scenici Riccardo Olivier / Fattoria Vittadini
assistenti alla regia Giacomo Nappini, Alessandro Savarese, Daniele Vagnozzi
paesaggi sonori Gianluca Agostini, disegno luci Giuliano Almerighi
produzione Eco di fondo
con il sostegno di MiBAC e di “Next – Laboratorio delle idee per la produzione e la distribuzione dello spettacolo dal vivo lombardo” – Edizione 2019/2020
con il patrocinio di Amnesty International – Sez. Italia