Sono nato a Genova, esattamente in quello che chiamo il “triangolo delle bermude” – in senso di evento eccezionale – e cioè a poche centinaia di metri dalla casa dove nacque Gilberto Govi, da quella dove visse il poeta Giorgio Caproni e da quella dove è nato un altro grande poeta, Eugenio Montale.
Non so se questo abbia influito alla mia formazione, ma sicuramente quando i miei amici si vedevano in piazza per andare a giocare a pallone da ragazzini, io poco dopo staccavo e andavo a guardare le finestre, dalla strada, di questi personaggi famosi. Ed ero felice così, passare e sapere che un tempo quegli artisti si erano affacciati a quelle finestre.
Gilberto Govi è stata una maschera mimica molto amata dai genovesi, mai dimenticata. Autentico istrione e inventore del teatro dialettale genovese, oggi trova il suo naturale successore, un attore genovesissimo e molto amato a sua volta: Tullio Solenghi.
I “Maneggi per maritare una figlia” (I manezzi pe majâ na figgia), è una commedia teatrale in dialetto genovese, scritta da Niccolò Bacigalupo, fu anche registrata per la televisione nel 1959, dal regista Vittorio Brignole.
Dopo lo straordinario successo della scorsa stagione, approda al Teatro Carcano forse la commedia più amata e celebre del repertorio di Gilberto Govi, con la regia di Solenghi e la straordinaria interpretazione dello stesso insieme a Elisabetta Pozzi.
Genova, anni 50, Steva è un uomo semplice e mite, continuamente vessato dai rimbrotti dell’acida moglie Giggia. I due coniugi, non più giovanissimi, sono impegnati nella scrupolosa ricerca di un “buon partito” per maritare la loro unica figlia Metilde. La sgangherata selezione ha inizio, in un continuo andirivieni di candidati più o meno papabili che genera un crescente vortice di intrighi, malintesi, gag, battibecchi e risate. Famosissime le gag di gassetta e pomello, dei raggi ultraviolenti.
Per entrare nel personaggio Tullio Solenghi si sottopone ogni sera ad una lunga sessione di trucco: il risultato è una trasformazione davvero strabiliante. «È una sorta di clonazione – scherza lo stesso Solenghi – penso sia necessario riportarlo sul palcoscenico nel modo più fedele possibile. Per me quella di Govi è una “maschera” senza tempo, paragonabile a quella di Arlecchino, ed è con questo rispetto e con questa dedizione che ho voluto interpretarlo». La scena e i costumi dello spettacolo sono realizzati da Davide Livermore che giocando con il bianco e nero omaggia le commedie goviane trasmesse in tv negli anni Sessanta. E fu proprio grazie a quelle commedie registrate che il personaggio di Steva non mi ha abbandonato da allora. Se sei di Genova, il Genoa, il pesto, la focaccia e Govi sono imprescindibili da tutto il resto.
Tutto il cast in sintonia si accoda ai due protagonisti principali, formando un afflato recitativo dove spiccano caratterizzazioni, falsetti, fiati, memorie di una lontana Argentina.
Tullio Solenghi ci rende indietro perfettamente tutta la memoria legata a Govi, coi suoi accenti e il suo passo sicuro e traballante al tempo stesso, aiutato dal suo talento e dalla sua mimica, clonando letteralmente il personaggio di Steva.
E’ arrivato il momento di mettere in scena un’altra commedia goviana e di regalare al pubblico ancora memoria e nuove risate.
commedia in due atti di Niccolò Bacigalupo
regia Tullio Solenghi
con Tullio Solenghi, Elisabetta Pozzi
e con Roberto Alinghieri, Isabella Maria Loi, Pier Luigi Pasino, Stefania Pepe, Laura Repetto, Matteo Traverso, Aleph Viola
scene e costumi Davide Livermore
aiuto regia Roberto Alinghieri
direttore di scena Desirée Tesoro
aiuto scenografia e costumi Anna Varaldo
trucco e parrucco Bruna Calvaresi
produzione Teatro Sociale Camogli, Teatro Nazionale di Genova, CTB – Centro Teatrale Bresciano