“Arlecchino servitore di due padroni.” Bastano queste cinque parole per aprire un immaginario che dura da 75 anni. Basta un soffio per riaprire quel mondo incredibile di Teatro dove il gioco scenico di Arlecchino, maschera della Commedia dell’Arte – la nostra arte – non si è mai fermato, anzi cresce e diventa appuntamento fisso, sempre pronto a calcare i palcoscenici del mondo intero e riportare ovunque successo.
Giorgio Strehler lo mise in scena per la prima volta nel 1947, reinterpretando e rinnovando la tradizione goldoniana, «Quest’Arlecchino intramontabile ha il segno della vita che passa e si rinnova. È sangue che pulsa e scorre nelle vene di un teatro reale e immaginario, come in un corpo umano. Ci ha accompagnato per tutta la vita, rinnovandosi volta per volta. Centinaia di attori lo hanno recitato. Ci sono degli spettatori che l’hanno visto nascere, poi, anni dopo, l’hanno visto rinascere; dopo altri, l’hanno riconosciuto in Italia o nel mondo» raccontava il compianto regista.
“Arlecchino servitore di due padroni” nella sua versione strehleriana è andato in scena per la prima volta nel Piccolo Teatro il 24 luglio del 1947 e ogni anno torna in scena per essere visto e applaudito da nuove generazioni, avendo avuto come caposaldo dell’interpretazione della famosa maschera prima da Marcello Moretti, poi dal 1959 Ferruccio Soleri, attore fiorentino che nel 2010 è stato insignito del Guinness World Record per «la più lunga performance teatrale nello stesso ruolo».
Dal debutto per Soleri si sono succedute quasi tremila recite, alle quali hanno assistito oltre due milioni di spettatori e lo spettacolo ha girato tutto il mondo
A contribuire alla resistenza della maschera di Arlecchino contribuisce soprattutto il testo di Carlo Goldoni, attuale, attualissimo.
Nei quadri che compongono i tre atti, le situazioni risultano comiche e paradossali al tempo stesso e il ritmo e le acrobazie degli attori, calcolate al millesimo di secondo, sono sempre efficaci e rocambolesche grazie al lavoro di una affiatata compagnia.
Da ormai diversi anni e come è giusto che fosse, Enrico Bonavera veste i panni e la maschera del protagonista, insieme una compagnia di grandi attori che da venticinque anni interpretano i ruoli principali a rendere la magia irresistibile dello spettacolo di Goldoni e Strehler vivo e sempre giocoso, nel suo ritorno in via Rovello, nell’edizione curata da Ferruccio Soleri, con la collaborazione di Stefano de Luca. Conosco Bonavera da molti anni, almeno trenta. Partimmo per una turnè con lo spettacolo Ubu di Alfred Jarry e già da allora potei assistere alla preparazione meticolosa che aveva nell’affrontare il personaggio: talento di puro clown consolidato da un lavoro di palcoscenico attento e scrupoloso. Personalmente, ho avuto modo di assistere alla settecentesima replica in scena al Piccolo, nella sua casa e questo, è stato un evento fortunato, un regalo che il Teatro ha donato al numeroso pubblico.
L’Arlecchino non a caso è la rappresentazione teatrale italiana più vista in ogni angolo del mondo, un’avventura scenica unica e irripetibile, fatta di giochi e malinconie, trepidazioni e burle, lazzi e bisticci che incantano perché sono sempre gli stessi, da venticinque anni.
C’è da esserne orgogliosi. Ancora in scena per qualche giorno alla sala di via Rovello e poi, ci si rivedrà il prossimo anno, la prossima turnè, il prossimo “batocio”.
Arlecchino servitore di due padroni
di Carlo Goldoni
regia Giorgio Strehler
messa in scena di Ferruccio Soleri, con la collaborazione di Stefano de Luca
scene Ezio Frigerio
costumi Franca Squarciapino
luci Claudio De Pace
musiche Fiorenzo Carpi
movimenti mimici Marise Flach
scenografa collaboratrice Leila Fteita
maschere Amleto e Donato Sartori
con Enrico Bonavera
e con (in ordine alfabetico) Giorgio Bongiovanni, Francesco Cordella, Luca Criscuoli, Davide Gasparro, Alessandra Gigli, Sergio Leone, Lucia Marinsalta, Fabrizio Martorelli, Tommaso Minniti, Stefano Onofri, Walter Rizzuto, Annamaria Rossano, Giorgia Senesi
e i musicisti Francesco Mazzoleni, Michele Pignolo, Leonardo Cipriani, Celio Regoli, Matteo Fagiani, Raffaele Sabato (1, 2 dicembre), Valerio Mazzucconi (21 dicembre)
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa