Filler, mostra personale di Nicola Gobbetto, con la curatela di Dimora Artica, la galleria milanese di via Dolomiti, tra NoLo e la Martesana, è un’installazione avvincente su un tema apparentemente già esplorato.
Gobbetto per far breccia nel panorama artistico milanese si avvale di avvincenti elaborazioni digitali, sculture simbolicamente distribuite nello spazio bianco della ‘dimora’ e assemblaggi che trasformano l’ambiente espositivo in un luogo di bellezza. Deputato alla bellezza, per meglio dire: ci si muove tra opere come se fosse una palestra e un paesaggio stilizzato, in cui le opere assumono un valore metaforico, raccontando le attuali trasformazioni nelle relazioni tra le persone.
L’effetto è molto intrigante e induce a una riflessione sui tempi che stiamo vivendo: la scatola da scoprire a ‘Dimora Artica’ è una metafora della nostra vita dedita sempre alla tensione che sta più a cuore nel secolo degli ego-riferiti: il raggiungimento di un ideale di bellezza.
L’allestimento è ispirato alla composizione di una delle più misteriose opere del cinquecento: La Tempesta di Giorgione. Del celebre dipinto del Giorgione viene ripresa la ripartizione dello spazio, diviso al centro da un fulmine e un fiume. Le due enigmatiche figure che compaiono nel dipinto sono trasformate da Gobbetto in due strutture ergonomiche che ricordano la forma degli attrezzi ginnici, le quali ricalcano la sagoma stilizzata di genitali maschili e femminili. Un fiume realizzato con materiale sintetico percorre il centro dello spazio contenendo al proprio interno simboli tratti dalle app di incontri, strumenti di autogratificazione che difficilmente portano a concrete unioni affettive.
La mancanza di comunicazione tra i personaggi e l’ambientazione umida del dipinto di Giorgione vengono rielaborati da Gobbetto per divenire metafora della solitudine nell’era digitale, in cui i rapporti si fanno virtuali e l’ossessione per la propria immagine sostituisce la fisicità dei rapporti.
Una veneziana chiusa esprime l’assenza di comunicazione reale e il richiudersi in sé stessi ed un neon ricalca la forma del fulmine, segno di inquietudine prima della tempesta.
Sulle pareti stampe di elaborazioni digitali, in cui ad immagini di antiche sculture che ritraggono Afrodite e Apollo sono sovrapposti dei cerotti a rimarcare le fratture del marmo, alludendo al desiderio di ricostruire l’irraggiungibile bellezza idealizzata della classicità.
Il botox e il filler, due metodi di ringiovanimento sempre più diffusi, sono invece i protagonisti di due sculture totem in cui i due nomi sono rielaborati graficamente divenendo solidi geometrici sovrapposti.
Nicola Gobbetto (1980, Milano) si snoda attorno alla ricerca dell’Io. È dal mondo della narrativa fantastica, della mitologia, del cinema che Gobbetto trae ispirazione. Le tecniche sperimentate vanno dalla pittura al video, dall’installazione alla scultura, fotografia, collage e disegno.
Tra le principali mostre recenti I shouldn’t have eaten those caterpillars all’Edicola Radetzky (Milano), With or against us al Korai Project Space (Cipro), All you can eat a Dimora Artica (Milano), Hands up, hands tied alla Galleria Davide Gallo (Milano) e Bread & Cola alla Galleria Fonti (Napoli). Ha inoltre esposto presso: Marselleria (Milano), Museo della Città (Rimini), Galleria Civica (Padova), Triennale di Milano (Milano), Istituto Italiano di Cultura (Belgrado), Galleria Comunale d’Arte Contemporanea (Monfalcone), Museo Pecci (Prato), Palazzo Fendi (Roma), Museo MADRE (Napoli).
Quando la mostra sarà fruibile apparirà su questo sito: Dimora Artica.