20 Febbraio 2019

Un nuovo legno per gli ultimi mobili disegnati da Alessandro Mendini

Gli ultimi lavori del maestro del design scomparso pochi giorni fa. Compasso d'oro due volte e la passione per proust.

20 Febbraio 2019

Un nuovo legno per gli ultimi mobili disegnati da Alessandro Mendini

Gli ultimi lavori del maestro del design scomparso pochi giorni fa. Compasso d'oro due volte e la passione per proust.

20 Febbraio 2019

Un nuovo legno per gli ultimi mobili disegnati da Alessandro Mendini

Gli ultimi lavori del maestro del design scomparso pochi giorni fa. Compasso d'oro due volte e la passione per proust.

Tre forme arcaiche progettate da Alessandro Mendini Qfwfq , Ayl e Luna & Sole – sono state le ultime opere a cui si è dedicato il genio del design, prima della sua scomparsa questa settimana.

Quelle che vedete in foto sono le riedizioni del primo legno realizzato da ALPI per Atelier Mendini nel 1991, Pointillisme COL e B/N ne ripropone il decoro in due versioni, una solare” a colori ed una “lunare” nei toni del grigio. Punti policromi e suggestioni del pointilismo sono riprodotti nel legno ALPI grazie alla cultura sartoriale dell’azienda, che ha permesso di realizzare questo disegno preservandone il carattere pulviscolare ed intangibile.

Tre mobili esclusivi disegnati da Alessandro Mendini per l’occasione che traggono il loro nome dai protagonisti della Cosmicomica di Italo Calvino “Senza Colori”, fil rouge del pensiero creativo della mostra, e sono realizzati con il nuovo legno Pointillisme COL e Pointillisme B/N di Atelier Mendini con Alex Mocika.

Ecco cosa raccontava Alessandro Mendini della sua storia e del suo oggetto iconico, la poltrona di Proust: “La prima volta che presi un pennello per puntinare la superficie di un oggetto come se fosse la tela di un quadro avvenne per motivi letterari, alla ricerca di Marcel Proust. Il mondo di Proust è un universo interminabile di dettagli, di aneddoti e di parole, la cui trasposizione visiva erano per me appunto le pennellate degli artisti pointilisti, come Seurat e Signac. Come quei pittori avevano reso evanescente e immateriale il mondo attraverso un geniale accorgimento ottico, anche io volevo fissare il pulviscolo atmosferico in un infinito agglomerato di minuscole pennellate.

Presi perciò quella volta un pennello, e accanto dodici piattini con dodici diversi colori acrilici, e come oggetto d’appoggio scelsi una finta poltrona barocca, pensando anche al Kitsch di cui si contornava Proust nelle proprie stanze. Nasceva così nel 1978 la “Poltrona di Proust”. Una operazione astratta e concettuale, giocata sul senso di evanescenza e di perdita di fisicità della materia. Durante gli anni la mia attività di designer pointilista si è poi articolata in varie direzioni, si è trasformata in un metodo decorativo descrittivo, dove il racconto pittorico si sovrappone e sostituisce quello letterario in un continuo processo magmatico di trasformazione. Il puntino di colore a tempera si è aperto ad altri materiali, i pixel del mosaico, dello schermo televisivo, delle stoffe, degli ingigantimenti a dimensione architettonica. Ma sempre il mio gioco è avvenuto sulla base dello spettro solare, tutto in me è successo nei raggi della luce e nella magia dei suoi riflessi”.

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