Non era insolito trovare nella provincia italiana capannelli di persone ad ammirare l’ultimo manifesto cinematografico che pubblicizzava il film appena uscito. Fino agli anni 70 i “pittori di cinema” erano dei veri promotori della settimana arte, al pari di sceneggiatori e musicisti che lavoravano a stretto contatto con chi il film l’aveva ideato.
Non che non ci fossero le fotografie disponibili. All’epoca però, parliamo di metà del Novecento, faceva più breccia il disegno macroscopico e drammatico, spesso frutto di un lavoro di intenso brainstorming, diremmo oggi, tra disegnatori e registi.
A cominciare dal dopoguerra, l’industria cinematografica italiana ha avuto la necessità di coinvolgere gli artisti per illustrare e promuovere i propri film e oggi nel libro “Pittori di Cinema” (Lazy Dog Press) in 432 pagine c’è una nutrita raccolta di immagini, circa 500 di cui moltissime inedite.
Il curatore Maurizio Baroni, forse il più noto appassionato e collezionista nell’ambiente cinematografico italiano, ha raccolto negli anni decine di migliaia di poster, locandine, flani, bozzetti e a conoscere e frequentare quasi tutti i 29 artisti pubblicati nel libro, oltre ad attori, produttori, registi.
Racconta mezzo secolo di cinema attraverso manifesti, schizzi e bozzetti da lui appositamente selezionati, le numerose testimonianze dirette e alcuni gustosissimi retroscena, rivelando soprattutto il lato umano di questo particolare gruppo di artisti. Artisti autenticamente popolari, ma non popolareschi, che hanno dato prova di grande originalità e innovazione utilizzando stili diversificati e inconfondibili, grazie alla grande libertà espressiva e narrativa di cui potevano godere. Spesso considerati minori, essi sono stati tuttavia in grado di influire significativamente nell’immaginario collettivo.
Il calligrafo Luca Barcellona si sofferma invece sull’altro elemento determinante dei poster di cinema, il lettering, mentre il graphic designer Andrea Mi si interroga sulla loro eredità, riflette su come e quanto queste forme compositive abbiano condizionato in seguito lo stile grafico e le suggestioni ad esso collegate. Infine la storica dell’arte Alessandra Cesselon presenta uno per uno i pittori, contestualizzando le loro opere nell’ambiente artistico dell’epoca, da lei vissuto in prima persona in quanto figlia di Angelo, uno dei suoi principali esponenti. Rifiuta per loro l’appellativo di ‘cartellonisti’ e rivendica una piena riabilitazione di quella che non esita a definire come una vera e propria corrente artistica. Il volume è rivolto a cinefili e collezionisti in genere, ma anche a graphic designer e illustratori, studenti e professionisti, quale documento storico per gli appassionati e insieme ispiratore per le nuove generazioni di comunicatori.
I 29 pittori presi in esame sono: Manfredo Acerbo, Tino Avelli, Anselmo Ballester, Alessandro Biffignandi, Ercole Brini, Silvano Campeggi (Nano), Alfredo Capitani, Renato Casaro, Angelo Cesselon, Averardo Ciriello, Mario De Berardinis (Mos), Enrico De Seta, Renato Ferrini, Francesco Fiorenzi, Renato Fratini, Rodolfo Gasparri, Giuliano e Rinaldo Geleng, Piero Ermanno Iaia, Otello Mauro Innocenti (Maro), Carlantonio Longi, Dante Manno, Luigi Martinati, Giuliano e Lorenzo Nistri, Giorgio Olivetti, Arnaldo Putzu, Nicola Simbari, Sandro Symeoni.
Prefazione di Gian Luca Farinelli, direttore Fondazione Cineteca di Bologna, e Carlo Verdone, attore e regista.
Immagine d’apertura: con un calembour tipico dell’epoca, Nerosubianco, film del 1969 diretto da Tinto Brass giocava col bianco e nero anche nel disegno che lo illustrava.