Tormento, ispirazione e arte: queste le tre fasi della vita di una grande giapponese, Yayoi Kusama, che probabilmente anche mentre scriviamo vive ancora intensamente tutte e tre. Fasi che ripropongono il mistero della creazione e del gesto artistico, oggetto di una bio-pic Kusama: Infinity di Heather Lenz (USA, 2018), un omaggio dedicato alla novantenne artista giapponese, una delle figure più celebri della scena contemporanea mondiale.
Dal 1977 vive per sua scelta nell’ospedale psichiatrico Seiwa – fin da piccola soffre di allucinazioni, manie ossessive-compulsive e depressione – ma dipinge quasi quotidianamente nel suo studio a Shinjuku a Tokyo. Il documentario si sviluppa tra le interviste agli amici, ai collaboratori, agli studiosi e colleghi del mondo dell’arte, e contiene numerosi estratti dal suo diario e dalle sue lettere, comprese quelle che da giovanissima inviò alla grande artista americana Georgia O’Keeffe.
STORIA – Nel 1958, una giovanissima artista giapponese si trasferì a New York dopo aver scritto a Georgia O’Keeffe per esprimere ammirazione e cercare indicazioni su come entrare nella scena artistica newyorkese. Miracolosamente, O’Keeffe rispose e Yayoi Kusama lasciò così ciò che considerava la cultura conformista del Giappone per tentare di affermarsi nella Grande Mela.
Questa storia è uno dei punti di partenza del film “Infinity” Yayoi Kusama già uscito in America in estate con buon riscontro al botteghino e presentato a «Lo Schermo Dell’Arte Film Festival» di Firenze, in programma fino al 18 novembre 2018.
Ispirate dalla rivoluzione politica e sociale americana degli anni ’60, le innovazioni avanguardistiche di Kusama hanno guadagnato notorietà. L’artista è pioniera di audaci ed inedite sculture morbide, protagonista di proteste da nuda contro la guerra in Vietnam e ideatrice di abbaglianti e fantasiose creazioni a pois.