12 Maggio 2016

La lampada fluttuante di Paola Palmieri

La designer Paola Palmieri ha esposto per la prima volta al salone satellite di Milano la lampada a levitazione magnetica Lite Lite.

12 Maggio 2016

La lampada fluttuante di Paola Palmieri

La designer Paola Palmieri ha esposto per la prima volta al salone satellite di Milano la lampada a levitazione magnetica Lite Lite.

12 Maggio 2016

La lampada fluttuante di Paola Palmieri

La designer Paola Palmieri ha esposto per la prima volta al salone satellite di Milano la lampada a levitazione magnetica Lite Lite.

paola palmieri
Paola Palmieri

L’uomo ha sempre sognato di poter far levitare le gli oggetti. Finalmente quel giorno è arrivato grazie ad un intuizione della designer Paola Palmieri che ha ideato una innovativa lampada a levitazione magnetica. Prima di parlare della sua Lite Lite, scopriamo chi è.

Parlaci un po’ del tuo background…

Sono un architetto: ho quindi una formazione prettamente tecnica. Credo che questo sia un vantaggio nell’ambito del design in generale, per la completezza che questo tipo di studi offre. Ho avuto poi la fortuna di lavorare sia per lo studio di Riccardo Dalisi che per quello di Ermanno Guida, entrambe figure di riferimento per questo mestiere.

Come è nata in te la passione per il design?

Ho sempre avuto la passione per il design. Nel 2000 feci il test d’ingresso anche alla facoltà di design che era nata proprio in quell’anno, ho poi optato per architettura proprio perché mi sono resa conto che questo percorso mi avrebbe aperto più strade. La passione comunque è rimasta intatta, mi sono, infatti, laureata con una tesi in disegno industriale.

Da quando hai incominciato a fare design quali sono e come si sono evoluti i tuoi riferimenti stilistici?

Nel periodo dell’università, come spesso accade, i miei riferimenti sono stati “classici”. Penso ai grandi nomi del made in Italy: i fratelli Castiglioni, Gae Aulenti, Enzo Mari e Bruno Munari, dal quale ho cercato di imparare lo schema attraverso cui progettare il design, sempre cadenzato da regole e passaggi ben precisi; ma anche e soprattutto ho cercato di apprendere la sua capacità di guardare il mondo con l’ingenuità e lo stupore di un bambino. Dote fondamentale per un designer, perché gli consente di non dare per scontato gli oggetti che lo circondano. Da questa consapevolezza nascono le idee migliori!
Successivamente ho iniziato a studiare architetti e artisti del passato che sono stati a loro modo grandi designer, anche se il loro lavoro in questo senso è sconosciuto: Antoni Gaudì, Salvador Dalì o Henry van de Velde. I miei riferimenti contemporanei sono senz’altro Paola Navone e Patricia Urquiola, per l’allegria ed ironia che si respira nel loro lavoro.

Come vedi il mondo del design al giorno d’oggi? I nuovi designer trovano difficoltà nel trovare chi può produrre i loro prodotti?

Credo che il design e il Made in Italy siano ancora un punto di riferimento: l’errore peró che noi italiani facciamo (e questo a mio avviso vale anche per la moda e per il cibo) è pensare che possiamo ancora vivere di rendita ed appoggiarci ad un passato glorioso dove la facevamo da padrone. Ci sono paesi che si stanno facendo strada in questo senso e non bisogna abbassare la guardia. Il vero problema di noi giovani siamo noi stessi e non le aziende che non producono i nostri prodotti, che, a volte, non risultano abbastanza convincenti. Spesso ci si approccia ad un’azienda proponendo un progetto senza avere idea del target al quale vogliamo rivolgerci, una filiera produttiva o di smaltimento, oppure, cosa ancor più grave, senza preoccuparci di verificare l’esistenza di prodotti simili. Quindi il vero problema è più legato ad una mancanza di ricerca da parte del progettista. In più, oggi abbiamo tante occasioni per farci conoscere, dalle fiere, ai contest, ma anche ai social: l’importante è portare avanti idee vincenti!

Fino al giorno d’oggi, il caso più famoso dove la levitazione magnetica è stata usata con enorme successo, era in campo dei trasporti con la costruzione del treno ad alta velocità MagLev.
Ma Paola Palmieri, fondatrice dello Studio Duepi, usando questa tecnica, ha disegnato e creato una lampada a levitazione magnetica chiamata Lite Lite.

Parliamo dello studio da te fondato…

L’ho fondato nel 2010 dopo diverse esperienze lavorative fatte in altri studi, ha sede a Salerno, la mia città e dove mi piace vivere. Ammetto che a volte professionalmente mi sta un po’ stretta, perché è più difficile trovare qualcuno disposto ad accettare un lavoro strutturato in maniera più contemporanea. Quindi viaggio spesso; attualmente sto portando avanti dei progetti nelle stazioni di Napoli Ipogea, Roma Termini e Torino Porta Nuova, in collaborazione con Grandi Stazioni. Lavoro anche con uno studio londinese per il quale curo la parte progettuale, decorativa ed impiantistica.

Come è nata l’idea della lampada a levitazione magnetica?Paola Palmieri

L’idea è nata l’anno scorso al Salone del Mobile di Milano. Guardando le lampade esposte, ho cercato di immaginare un oggetto etereo che potesse rendere visivamente l’idea della luce leggera, sospesa.
Un anno dopo ero lì ad esporre Lite Lite.

La lampada, fluttua nell’aria come se avesse dei poteri magici, la tecnologia di levitazione magnetica consente al paralume di galleggiare nel vuoto e creare una sensazione di futuristica leggerezza.
Realizzata con tecniche ad alta tecnologia come la stampa 3D, il paralume è stampato in PLA, mentre la scocca viene composta con resina bianca opalina. Ad alta tecnologia è anche il sistema di accensione, grazie alla scheda elettronica Arduino, la lampada viene controllata tramite un semplice sfioro del dito sul sensore.
Sebbene ancora un prototipo, la creazione, in versione Moody Lame (che permette di regolare la luminosità attraverso la rotazione della scocca), ha riscosso un notevole successo al Salone Satellite, l’incubatore di idee che si svolge parallelamente al Salone Internazionale del Mobile.

È la prima volta che esponi al Salone Satellite di Milano?

Sì è la prima volta e spero di poter ripetere in futuro l’esperienza.

Come ti immagini il futuro di questo prodotto? Lo vedi più indirizzato verso un mercato estero o un mercato italiano?

Sono in contatto con diverse aziende italiane per la produzione, sarò presente anche all’ Open Design Italia che si terrà a giugno a Vicenza. Lì spero di ricevere altre proposte da poter valutare. Purtroppo non credo particolarmente nell’autoproduzione: sia in termini di costi, che di branding, ma anche per la parte tecnica e di produzione, credo sia davvero complesso poter diventare competitivi in un mercato già di per sé saturo e spietato. Se non ci sono aziende disposte a credere nei prodotti, a quel punto sarebbe opportuno porsi delle domande. Diverso è il discorso della realizzazione di pezzo progettato in esclusiva, lì soprattutto all’estero, i margini sono completamente differenti. In tal senso ho ricevuto delle richieste sulle quali sono già al lavoro.

La designer ha le idee molto chiare sul futuro e la commercializzazione dell’idea. La versione definitiva di Lite Lite, presenterà molto probabilmente un sistema di induzione per la ricarica del corpo illuminante, ma la vera chicca, sarà la porta USB con un alto parlante integrato che permetterà di avere in un unico oggetto di design, una lampada futuristica e uno speaker per ascoltare la musica.
E seguendo le orme delle più grandi case produttrici di lampade di design sarà anche sviluppata un’applicazione per smartphone che gestirà l’intensità luminosa emessa dalla lampada e il cambio colore della luce.

Come vedi il tuo futuro nei prossimi 10 anni ? Hai già qualche progetto in mente da poter anticipare ai lettori di The Way Magazine?

Naturalmente spero di poter crescere sempre di più sia nell’ambito dell’architettura che in quello del design.
Oltre al lavoro di interior designer che è sempre al centro delle mie giornate, sto lavorando su vari fronti. Innanzitutto in collaborazione con un’azienda, sto sperimentando diversi utilizzi e tecnologie per materiali di rivestimento e sto portando avanti un progetto a cui tengo moltissimo nell’ambito del medical design, che spero potrà rendere più semplice la degenza dei pazienti, soprattutto pediatrici.

 

Per maggiori informazioni visitate il sito www.paolapalmieri.com

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Francesco D'Agostino

Figlio degli anni 90, spinta digital-social di The Way, si è fatto le ossa nel patinato mondo di To Be Magazine. Per scoprire che il dandy elegant che stava impersonando necessitava di una vetrina all’altezza anche sul web. Senza cercare altrove, se l’è creata da solo. Mette passione solo in quello che gli interessa veramente. Al resto nemmeno ci pensa. Grafica, biz obsession e una giusta dose di involontaria leadership lo proiettano sempre al minuto dopo.
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