Quando pensiamo al mosaico ci vengono in mente le antichità pompeiane o bizantine. Eppure c’è una giovane generazione di mosaicisti italiani, contesi in tutto il mondo perché “i migliori del mercato”, che lavora incessantemente in tutto il mondo a costruzioni e soluzioni nuove. Al passo coi tempi e innovativi sono i mosaici artistici di Francesco Parutto, un giovane friulano che, sia da indipendente che come direttore di produzione dell’azienda Fantini Mosaici, gira il globo con la sua specialità.
Francesco oggi a 35 anni hai 15 anni di esperienza come mosaicista. Come ti sei avvicinato al mestiere?
È nato tutto quando avevo 10 anni perché da dove vengo in Friuli c’è una suola mosaicisti molto famosa, per la precisione a Spilinbergo. Andai in visita come gita scolastica e mi innamorai di quel lavoro pur essendo piccolo. Vero è che la manualità ha fatto parte della mia vita perché provengo da una famiglia di falegnami. Ma tra i due ambiti c’è grande differenza.
Come ricordi i tuoi inizi?
Ho fattol’ istituto d’arte in preparazione alla scuola, perché il disegno mi serviva e per tre anni ho fatto la scuola per imparare il mosaico. Una volta finita avevo 20 anni e ho cominciato subito a lavorare. All’inizio ho fatto comunque cose mie, accompagnate da quadri da realizzare su commissione o realizzazioni in mosaico di disegni che mi venivano dati.
Quale sarebbe oggi la tua più grande aspirazione?
Anzitutto amo quello che faccio, veder realizzate le mie idee che prima disegno e poi, tassello dopo tassello, vedo prender forma. Sto pensando a un’esposizione con i miei lavori, da fare magari a Fanna, il mio paese in provincia di Pordenone. Ho una produzione personale lì e la mia famiglia ma vedo il mio futuro professionale a Milano perché è una piazza internazionale dove spero di continuare a farmi conoscere. Qui arriva il lavoro anche per i clienti dall’estero. Quest’anno durante la design week, occasione in cui ho già seguito dei progetti, ci sarà del mio.
Cosa ti piace vedere come spettatore? Cosa cerchi nella bellezza dell’arte altrui?
Mi ispira molto viaggiare e quando viaggio sono affascinato dall’architettura dei posti, credo che ogni luogo abbia un suo spirito. Immagino come posso introdurre il mio lavoro in altri contesti. Se vedo delle porte, ad esempio, mi viene in automatico pensare a installarci un mosaico trasparente come inserto, così come quando vedo le trame di ceramiche o i dipinti. Può essere interessante fare proposte del genere ai clienti giusti. A Milano fotografo spesso le trame e i decori di mosaici antichi nascosti nei palazzi e me li studio a casa.
Come si è evoluto il lavoro?
La scuola professionale prepara al lavoro, da noi c’è la tradizione dei mosaicisti che viaggiano in tutto il mondo, e tra le specialità ci sono i cosiddetti terrazzieri che sono quelli che posano i pavimenti e fanno il mosaico alla veneziana. Personalmente, visto che ci ho messo tanto per essere libero di fare quello che volevo, non mi fermo mai alla richiesta del cliente ma cerco di proporre soluzioni innovative e nuovi materiali da sperimentali.
Ci fai degli esempi?
Cerco di inserirlo negli oggetti di tutti i giorni. Sto lavorando con un’artista iraniana cercando di fare dei gioielli come spille, fermagli per capelli, collane, orecchini, anelli, borchie con la tecnica del micro-mosaico. Tutti pensano sempre ai pavimenti, invece questa tecnica può essere estesa anche a oggetti da esporre come vasi, piatti.
E che reazioni incontri?
I clienti sono condizionati dall’idea che il classico romano, o il bizantino come quello che si vede a Ravenna, debbano essere le uniche soluzioni. Poi sta a me dare più possibilità, visto che sono in grado di fare un mosaico classico ma posso andare oltre la riproduzione fedele dei pavimenti di Pompei. In definitiva, senza cambiare disegno posso proporlo in maniera più moderna.
Come giudichi il contesto in cui nascono i nuovi mosaici? Come ti adatti?
Sviluppo un’idea sull’ambiente dove si concretizzeranno. Così anche rendendosi conto di dove ci si trova si possono dare delle alternative ed è un bene. Non vado mai con un progetto in loco. In questo modo, vedendo lo spazio e immaginandoselo abitato, si formula poi una proposta che sintetizza i punti che il cliente preferisce.
La cosa che incuriosisce molto è sapere dove si trova il materiale con cui lavori.
Sono tutti materiali naturali, sono marmi e pietre da tutto il mondo. In Italia ci sono due punti di approvvigionamento, Verona e Massa Carrara. Io scelgo i materiali e li compro, li porto nel laboratorio e li trasformo in tessere. Compro un formato 30×30 di spessore ridotto e faccio le tessere, a mano. Mentre i materiali vetrosi che si chiamano smalti li compro a Venezia o anche a Murano. Li facevano già i bizantini, sono delle paste di vetro pensate per il mosaico che vengono prodotte in “pizze”, che sono dischi che diventano tessere. Io uso anche ceramiche, oro, madreperla, legno, metallo, tutti assieme.
Si può dire che la tecnica del mosaico è eco-friendly?
In un certo senzo, il mosaico è per sempre, se fatto bene ed è fatto con materiali resistenti. Queste tessere sono studiate per essere maltrattate e calpestate e sono durevoli. Spesso mi chiedono: bello, ma come lo pulisco? E io risponso, semplice, con acqua e sapone come i pavimenti normali, mentre se è alle pareti non serve nulla.
Altro preconcetto: il mosaico è costoso e va bene nei locali pubblici.
Negli ultimi anni l’applicazione richiesta procede di pari passo tra privati e locali pubblici. Sono cosciente che si tratti di un prodotto di nicchia, non tutti i privati vengono a chiederti mosaici, io li preparo per le tasche di tutti, proponendo vari tipi di esecuzioni, riuscendo a trovare soluzioni anche per portafoglio medio. Tutti pensano che sia super costoso, non è sempre vero. Resta un prodotto fatto a mano al massimo delle mie potenzialità ma va bene per il principe e per l’operaio.
Presumibilmente è un lavoro che impiega molto tempo. Ma quante persone ci vogliono per fare un mosaico?
Principalmente faccio da solo ma collaboro con tante persone, credo di essere forte nel realizzarlo mentre ho bisogno di alleanze per il disegno e la commercializzazione. Per superfici grandi in tempi ridotti mi avvalgo di altre persone. Le tempistiche sono dettate dall’esperienza, un metro di mosaico classico e moderno richiede tempo in relazione al formato delle tessere che usa. Più piccolo è, più dedizione e precisione ci vuole. La maggior parte dei mosaici sono fatti da donne, non servono doti fisiche ma la posa in opera dura ed è scomodo stare per ore in ginocchio o attaccati al soffitto o a terra.
Come si svolge la committenza?
A me piace proporre le idee, sono affascinato dal mosaico romano geometrico, le decorazioni e la riproposizione dello schema romano in chiave moderna. Materiali nuovi e andamenti leggermente diversi sono le cose che preferisco quindi, con i privati ogni settimana faccio vedere il work in progress e si rendono conto del perché serve determinato tempo. Creo in laboratorio e poi spedisco sul luogo di lavoro a posatori che scelgo io. Sono loro a dover sapere come lavoro e anche nel momento dell’esecuzione devono seguire il mio piano di posa.
Geograficamente dove hai lavorato di più?
Ho lavorato per sei anni ad Abu Dhabi come direttore di produzione della Fantini Mosaici. Lo stile arabo mi ha influenzato, infatti qualche influenza dei tappeti persiani e le vecchie geometrie romane si trova in quello che faccio. Ho avuto la fortuna di fare lavori grandi, 300mila mq di mosaico al palazzo del presidente ad Abu Dhabi credo sia un’estensione imbattuta. Quando ho iniziato a lavorare a quel progetto avevo 27 anni. Pezzi di rilievo poi si trovano anche all’Hotel Versace di Macao, che sta realizzando proprio la Fantini.
Ci sono delle tendenze anche nelle realizzazioni di queste opere?
Non ci sono i trend, ma idee. Una cosa che sto facendo io adesso è proporre il mosaico anche nell’oggettistica, vassoi, piatti, soprammobili con il marmo e l’interno fatto in mosaico. Ad Abu Dhabi dove è tutto in costruzione e i mosaici mutano nel tempo, c’è molta disponibilità economica e crescono le realizzazioni in grattacieli, con edifici con le cupole. In queste destinazioni dove c’è molto lavoro ci si rende conto di quanto i mosaicisti più bravi siano gli italiani e la maggior parte viene dal Friuli.
C’è un uso approrpiato del mosaico secondo te? Dove non dovrebbe andare, per esempio?
Non vedo il mosaico moderno nelle chiese, non è appropriato. Gli accostamenti che mi piacciono sono con i lavori dei nuovi designer e architetti che hanno visioni evolute, sia sui rivestimenti che sugli arredi. Ci sono tanti artisti a cui piace sperimentare, e con loro sviluppo progetti innovativi, non ho mai cercato di lavorare in contesti classici, per essere sicuri di lavorare come fanno tutti, non mi interessa. Sicuramente le cose che propongo io non sono mai standard, sia per esecuzione che per materiali usati. Non voglio copiare ma voglio restare unico.
Ti ricordi di un tuo progetto che destava prudenze e che invece si è rivelato vincente?
Ci sono stati tanti giovani, che venivano dalla fascinazione di studi di motivi degli antichi romani e bizantini che non consideravano in un contesto moderno l’utilizzo del mosaico. In particolarem una coppia di sposi a cui ho l’ho proposto all’interno di un tavolo, son rimasti così contenti che poi mi hanno fatto rivestire delle statue a mosaico, vassoi per il tè, lampade.
Sogni professionali ne hai?
Mi piacerebbe essere ricordato per uno stile riconoscibile ed è la cosa più grande che potrei riuscire a fare. Quando il cliente riesce a identificarti con uno stile preciso è la gratitudine più grande. Non penso alle dimensioni e ai progetti faraonici, punto a fare cose più piccole e uniche, ma che siano mie e, spero, memorabili.