Nel 1928 un’azienda di giochi, arazzi e prodotti per bambini decide di entrare in un altro business. Era la Lenci di Torino che con una produzione di alta qualità crea oggetti rpeziosi in ceramica fino al 1935, sculture che dovevano arredare le case borghesi degli italiani.
Alcuni oggetti sono ispirati alle bambole, come i giochi che Lenci aveva fatto in precedenza. Questa straordinaria produzione, vicina a Picasso e altri contemporanei dell’epoca, fino al 3 giugno al museo faentino sarà possibile ammirare 150 sculture d’arredo in ceramica dalla collezione Gabriella e Giuseppe Ferrero della storica manifattura torinese.
Giò Ponti ne parlò sulla rivista Domus e la loro particolarità arriva fino a noi. Sono oggetti rassicuranti in mezzo al trambusto delle avanguardie: sono colorate sculture, fiabesche e con un piede nella contemporaneità che però esprimono gioia e non trasgressione. Se c’è un erotismo, è molto sopito, molto “torinese”. Lenci ebbe con questa “riconversione” anche un momento di fama europea.
Alla gloriosa Manifattura Lenci di Torino è dedicata la mostra al MIC di Faenza (4 marzo – 3 giugno 2018), a cura di Valerio Terraroli e Claudia Casali, con la collaborazione di Stefania Cretella e Maria Grazia Gargiulo. Saranno esposte 150 opere provenienti dalla Collezione Giuseppe e Gabriella Ferrero, la più importante e ricca collezione dedicata alla storica manifattura torinese, a cui si aggiungono, per un confronto, alcuni esemplari della Manifattura Essevi (che ne imitava lo stile, fondata nel 1934 da Sandro Vacchetti, fuoriuscito dalla Lenci).
La Manifattura Lenci nacque su iniziativa di Enrico Scavini e della moglie Elena König Scavini nel 1919 per produrre bambole e “giocattoli in genere, mobili, arredi e corredi per bambino”, ma anche un particolare tessuto per arredi, arazzi, bambole conosciuto, appunto, come “pannolenci”.
Nel 1927 l’azienda decise di aggiungere a quella produzione una linea di piccole figure e oggetti in ceramica smaltata, dando vita, a partire dal 1928, ad un ricchissimo catalogo di sculture d’arredo e oggetti, quali vasi, scatole e soprammobili in terraglia fatta a stampo e dipinte che divennero immediatamente di moda tra la piccola e media borghesia italiana. Per raggiungere lo scopo e conquistare un largo mercato, la manifattura Lenci si avvalse della collaborazione creativa di importanti artisti torinesi come Sandro Vacchetti, Gigi Chessa, Mario Sturani, Abele Jacopi, Ines e Giovanni Grande, Felice Tosalli, ma anche la stessa proprietaria, Elena König Scavini, alla quale si deve la fortunata serie delle “Signorine”: fotografia al femminile della piccola borghesia torinese dei pieni anni Trenta.
Le sculture ceramiche di Lenci traevano ispirazione dalle contemporanee riviste di moda, tra scene di costume e figure di giovani donne accattivanti e maliziose, raccontando il gusto di un’epoca e di una società. Donne sportive, attrici, ma anche scene galanti, balli di coppia, temi rurali e mitologici, favole, grotteschi e buffi bambini, nudi femminili al limite del lezioso e donne giocosamente provocanti, accanto a Madonne con Bambino, delicate e rassicuranti, sono il repertorio visivo di una collettività in bilico tra le alterne vicende storiche del Ventennio, status symbol immancabili nei salotti della borghesia italiana. Allo stesso tempo Lenci è stata un’importante realtà industriale ed economica e una straordinaria avventura artistica capace di guardare ad esempi europei, come le Wiener Werkstätte di Vienna e le porcellane tedesche e danesi, e di competere a livello internazionale con le maggiori manifatture ceramiche.
La mostra è realizzata grazie al contributo della Regione Emilia Romagna, con il patrocinio del Comune di Faenza. MIC – Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza, Viale Baccarini 19, Faenza (Ra)
Apertura: Fino al 31/03 dal martedì al venerdì 10-16 e sabato, domenica e festivi 10 – 17.30. Chiuso il lunedì. Dal 1/04 dal martedì alla domenica e festivi 10-19. Chiuso il lunedì
Visite guidate gratuite (incluse nel prezzo del biglietto) ogni domenica alle 10.30 a partire dall’11 marzo.