Pupazzi di materiali introvabili, insegne dismesse, tavolini da forme bizzarre. Il mondo di Cristian Sutti, cinquantenne designer milanese titolare del marchio 2010 Limited Edition, è un eden di creatività che raccoglie suggestioni da mondi e tempi diversi. Il suo laboratorio creativo è volto esclusivamente al riutilizzo di oggetti originali vintage e alla loro rivisitazione in chiave moderna. Il marchio è nato poco più di un anno fa ma Cristian raccoglie oggetti vintage da tempo. Ora ha raggiunto la maestria e la sicurezza adatta a trasformarli in complementi d’arredo in stile Industrial Design tali da poter essere venduti a chi vuole avere oggetti con storie che assumono una nuova vita con una differente funzionalità.
Tutti gli articoli 2010 Limited Edition LAB sono lavorati a mano da artigiani italiani attenti a lasciare invariato ciò che la storia ha “disegnato” su di loro. Così nascono pezzi unici, in limited edition.
Cristian, raccontaci i tuoi inizi. Cosa ti ha spinto a questa attività?
Sono sempre stato un avido compratore di quelli che tutti reputano oggetti inutili. E al posto di accumularli semplicemente, ho iniziato a vederli sotto altra luce. Il riuso creativo mi permette di far rivivere il passato nel presente perché ogni oggetto vintage ha un’anima, una storia da raccontare. E questa attitudine ha anche un risvolto sociale, perché insegna al recupero, che non è mero restauro, ma una rigenerazione dell’oggetto che non va buttato.
Facci un esempio, cosa stai preparando in questo periodo?
Sono stato in un frantoio del Sud Italia e con i tappi delle damigiane dell’olio in metallo, creerò una lampada da appendere con luci su base di metallo.
Ci vuole maestria e competenza dei materiali per fare quello che fai?
Sono architetto con specializzazione di arredamento di interni e disegno industriale. Ho iniziato a collaborare anche con altre realtà di design, mentre mio padre faceva l’importatore di accessori di lusso.
Cosa hai ereditato da lui?
Aveva tanti vecchi orologi da tasca, e io ho avuto l’idea di inserire delle anse per montare il cinturino e metterlo al polso. Il quadrante disassato permette anche una lettura più immeditato. Ma la folgorazione l’ho avuta altrove.
Cosa ti è capitato?
Ero in un mercatino d’antiquariato e ho visto una macchina da scrivere degli anni Venti del Novecento. Quei tasti sembravano fatti apposta per diventare altro, per regalare un segno distintivo e unico a chi avesse voluto indossarli. E così è nata la collezione Heritage Letters.
Cosa c’è di tanto particolare in questi tasti?
Io ragionavo sempre su quello che potevo utilizzare e trasformare. E ho imparato a riconoscere le macchine da scrivere con i tasti in bachelite, una resina antesignana della plastica nata nel 1920 col boom petrolifero. Un materiale con cui si realizzavano le montature degli occhiali, i tasti dei pianoforti, che poi è stato dismesso perché era inquinante e infiammabile.
Da dove prendi le altre idee?
Tutti i pezzi che non ho cercato ma che mi capitano per coincidenze fortuite sono molto interessanti. All’inizio posso anche non avere idea, poi li osservo e creo. Ho anche i miei ‘pusher di inutilità’ intorno al mondo che arrivano a scovare pezzi per me.
Sei un pozzo di creatività. Questo è un mestiere che ti soddisfa molto?
Ancora è un hobby, ma la creatività è una cosa innata, la puoi migliorare e sviluppare, come il disegno. Mi sono venute tante idee in passato e ho lasciato perdere per mancanza di competenze. Sai, le passioni sono cose dificili da spiegare. A me viene l’energia dagli oggetti e penso subito al loro riuso e a come non sprecare.
Con 2010 Limited Edition sei andato a inserirti in due dei filoni del business più in voga degli ultimi anni.
Mi sono trovato con l’hobby in questa ondata di interesse per il vintage, che altro non è che la riscoperta di qualsiasi cosa abbia almeno 30 anni. Quindi quello che non era vintage negli anni Novanta, per esempio, oggi già lo è. Questo succede perché ci sono dei materiali che si prestano al riuso e non sono pezzi di elettronica. I materiali vecchi sono sempre riconducibili a qualche utilizzo. E poi c’è l’elemento del non spreco che è molto sentito dalle persone oggi.
Ti avvali di artigiani che lavorano alle tue idee. Come fai a trasmettergliele?
Semplicemente non posso. Devo essere presente, realizziamo i pezzi assieme, ci confrontiamo sulle possibilità di accostamento dei materiali. A volte trovo delle resistenze, ma quando sono sicuro delle innovazioni che ho in mente cerco di combattere finché non arrivo alla realizzazione. E lì è un successo per chi crea l’oggetto, e una soddisfazione per chi lo comprerà.
Cristian Sutti e 2010 Limited Edition Lab sono consultabili a questa pagina Facebook e questa Instagram.
Fotoservizio a Cristian Sutti: Christian D’Antonio/The Way Magazine