Il kaval è uno strumento musicale a fiato, con origini antiche nelle area mediterranea suonato in quest’epoca da pochissime persone. Eppure c’è un giovane romeno, di origini dalla Moldavia di Romania, che porta avanti la sua passione e la tradizione che questo lungo flauto ha, alle nuove generazioni. In visita a Milano, tra il centro storico e i grattacieli di Porta Nuova, Cosmin Strugariu, 21 anni, ha toccato i punti nevralgici dell’identità della città di ieri e di oggi. E ci ha confessato: “Sogno di vivere in una città unita dalla musica”.
Oggi il kaval, che Cosmin mostra orgogliosamente in queste foto per The Way Magazine, è presente nella tradizione musicale della Romania, Bulgaria, Kosovo, Albania della Grecia, Macedonia del Nord. Cosmin è nato nel 2001 a Botoșani in Moldova Romania e nessuno in famiglia suonava strumenti. Incredibilmente si è appassionato agli strumenti a fiato osservando il nonno che nell’ambiente rurale dove viveva, chiamava le capre con uno strumento simile. Trasferitosi a Bucarest e a 19 anni, per proseguire per Costanza per facoltà di arte sezione musicale all’università Ovidius, ha approfondito la materia della musica tradizionale. “Non ho solo imparato a suonare uno strumento – racconta – ma anche la storia che porta con se. La mia ambizione è di far conoscere il Kaval e la tradizione musicale romena in tutto il mondo. Vorrei che anche i giovani almeno ascoltassero questo strumento per poi decidere se piace o meno”.
La storia di Cosmin Stugariu colpisce perché nonostante l’età giovanissima, si è appassionato a una musica di cui non esiste registrazione professionale: si può solo ascoltare nei canti degli anziani e con i flauti simili al Kaval. Che per inciso è un oggetto di sapienza e precisione antica, si produce in pochi pezzi a livello artigianale e oggi è quasi sconosciuto ai più.


“Mi piace la moda, l’Italia e la cultura – ci dice passeggiando tra le vie del centro dirigendosi verso il Teatro alla Scala, uno dei templi della musica che lo fanno sognare – ma la mia prima passione resta la musica. Il mio sogno professionale sarebbe cantare il mio genere e suonare nei teatri del mondo“.
Appassionato di viaggi, studia musica appena gli impegni glielo permettono, sottolineando che per lui quelle ore di concentrazione non sono lavoro ma pura passione. “Di tv non ne guardo mai – dice – e sul web aggiorno solo i miei social con foto che in maggioranza riguardano la mia attività col Kaval”.
L’origine di questo strumento a fiato dimenticato negli anni, potrebbe essere legata ai bulgari o turchi. Stugariu ha condotto un inedito studio su questo tema: “Deriva probabilmente dal suono del grande fischio del pastore. Assomiglia agli strumenti tradizionali di questi paesi solo per il nome. In Bulgaria e Turchia si chiama kaval. Ma il mio differisce da questi per il numero di fori per le dita e per il modo di interpretazione. Il kaval bulgaro e turco viene suonato senza tappo, la modalità di produzione del suono è diversa da quella romena che ha tappo e vrana”.



Il Kaval è così raro che non si trovano nemmeno insegnanti per il suo apprendimento. “
Non avevo un maestro per questo strumento perché ci sono sempre meno esecutori, quindi ho dovuto imparare da solo tutto ciò che il canto al Caval comporta. Attraverso la Facoltà di Arte abbiamo eseguito molti canti tradizionali su diversi palcoscenici sia a Constanța che in campagna.
Quest’anno mi diplomerò alla Facoltà di Arte, il mio articolo per l’esame finale riguarda gli strumenti tradizionali rumeni e il folklore tradizionale in Romania. Ho scelto questo tema perché voglio promuovere tra i giovani non solo il Caval, ma anche l’altro strumento che ci rappresenta come rumeni.
Mi dispiace dire che molti si sono dimenticati di questi strumenti e del loro suono divino, ma attraverso il mio lavoro e quello di altri come me spero di riportare la tradizione ai giovani.
In futuro voglio interpretare quanti più strumenti possibili e imparare tutto ciò che riguarda la tradizione e la musica tradizionale in Romania perché è una delle più belle di tutto il territorio balcanico. Anche per promuovere in Romania e in altri paesi la musica caval rumena e rumena”.
La connessione con l’Italia per Cosmin è forte. Sente, specialmente a Milano, che ci sia un humus perfetto per la riscoperta di musiche che richiamano alla tradizione: “Qui sento un legame più speciale rispetto ad altri posti che ho visitato. Ci vengo da sei anni e ammiro l’architettura speciale, il cibo e il rispetto e correttezza delle persone. Mi piacciono di sicuro le città, e Milano mi offre tanti piaceri anche quando torno spesso, anche se non vedo l’ora di scoprire altro in Italia”.


Una giornata con Cosmin è un fiancheggiare meraviglia, stupore e scambi di vedute a ogni angolo. “Quando vengo a Milano mi perdo nelle strade dei grattacieli perché è un paesaggio insolito che non ritrovo in Romania. E poi è molto peculiare l’accostamente tra architettura vecchia e nuova. In altri posti devi cambiare scenario per apprezzarli, mentre qui hai tutto a portata di mano“.
A Cosmin Stugariu, per effetto della formazione famigliare e anche degli studi di arte antica che ha condotto, piacciono le chiese. Infatti ha chiesto a The Way Magazine di visitarne tra le più antiche del quartiere di Brera. “Le apprezo anche architettonicamente, ma mi piace vedere soprattutto come si inseriscono nel tessuto urbano. Le stradine strette dense di locali così curati, si affacciano poi su uno dei posti che preferisco in assoluto nel mondo: piazza Duomo“.
Dopo una sosta in galleria (“mi è piaciuta, non capita di vedere tutti i brand di lussoo rappresentati in un solo posto altamente storico“), è tempo di andare a cibarsi di un’altra delle sue grandi passioni: la fotografia.
“Ho voluto vedere la mostra di Vincent Peters a Palazzo Reale – racconta – perché la fotografia in bianco e nero mi piace molto, ha un effetto vintage e fotografie di grande autenticità. Ovunque in Italia c’è molta voglia di scoperta e questa città è l’ideale per metterla in pratica”.


Fotoservizio a Milano a cura di Christian D’Antonio/The Way Magazine, febbraio 2023.