Calmi tutti, l’apertura di Starbucks non deve spaventare
Entusiasmo sui media per l'arrivo del gigante americano del caffè. Qualche perplessità in città. Ma dopotutto, ognuno avrà la sua tazzina.
Starbucks con un evento blindato stasera nel cuore finanziario di Milano, apre la sua prima “boutique” del caffè. E in Italia è subito polemica e retropensiero.
In effetti dovrebbe far più scandalo l’impossibilità di bere un buon caffè a Milano, che l’arrivo della multinazionale del “frappuccino” nel cuore dell’ex city meneghina. O forse un collegamento con la finanza c’è: per l’evento si sono scomodati tutti i media, con pagine e servizi in omaggio all’italica paggeria esterofila che da tempo non faceva capolino da queste parti. Indubbia captatio benevolentiae nei confronti di un gigante che di pubblicità spenderà molto nei prossimi mesi.
Che Milano sia la città più internazionale d’Italia in questo momento, più che anni fa, è fuori dubbio. Certo è che l’apertura di uno Starbucks non cambierà certo le abitudini di un Paese che sulla pausa caffè ha fondato un lifestyle che ci viene invidiato da tutti. Ben venga a Milano un posto in pieno centro dove ristorarsi e godere delle bellezze di un palazzo stile umbertino fin-de-siecle finalmente restituito al pubblico. Intelligente anche l’idea di mettere assieme Starbucks classico con la “Reserve” (unica in Europa, terza al mondo dopo Seattle e Shanghai) che offre viaggio intorno al mondo del caffè, e anche un angolo “Princi” che è la focacceria di tradizione a Milano.
Ma le temute prudenze dei commercianti piccoli non si sono levate più di tanto. Alcuni cittadini sono infastiditi, e questo è comprensibile, da come al gigante ci si sia inginocchiati tutti. A tal punto da offrire la chiusura dell’intera piazza (e deviazioni del tram), cose che non si vedono nemmeno per la prima del Teatro alla Scala. E forse, qualche rilevanza culturale in più il 7 dicembre ce l’ha.
Invece per il 6 settembre 2018 è tutto predisposto affinché ci sia un’apertura in grande stile senza disturbatori. Piuttosto, poniamoci il problema della qualità. Va bene l’architettura avveniristica degli interni e il glamour dei dehor esterni che piaceranno agli stranieri. Ma Starbucks a chi fa paura? A chi conviene? A giudicare dalle interviste fuori la location oggi pomeriggio, gli americani in vacanza lo trovano rassicurante. Un passante ci ha detto: “Spero che agli italiani piaccia quanto a noi”. Ci potrà piacere il concept, il wi-fi gratis illimitato, l’idea di rifugio che queste caffetterie hanno diffuso in tutto il mondo.
Ma per il caffè, scusateci signori turisti, noi facciamo da soli. Anzi. Vuoi vedere che da domani qualcuno a Milano si sveglierà e andrà a farsi raccontare i segreti dell’ottima tazzina dai colleghi di “Caffè Napoli”, unici al momento in grado di farne una buona in città?
Christian D’Antonio (Salerno,1974) è direttore responsabile della testata online di lifestyle thewaymagazine.it.
Iscritto all’albo dei giornalisti professionisti dal 2004, ha scritto due libri sulla musica pop, partecipato come speaker a eventi e convegni su argomenti di tendenza e luxury. Ha creato con The Way Magazine e il supporto del team di FD Media Group format di incontri pubblici su innovazione e design per la Milano Digital Week e la Milano Design Week. Ha curato per diversi anni eventi pubblici durante la Milano Music Week. È attualmente ospite tv nei talk show di Damiano Gallo di Discovery Italia.
Ha curato per il quartiere NoLo a Milano rassegne di moda, arte e spettacolo dal 2017. In qualità di giudice, ha presenziato alle manifestazioni Sannolo Milano, Positive Business Awards, Accademia pizza doc, Cooking is real, Positano fashion day, Milan Legal Week.
L’albergo è iconico e celebratissimo e l’evento è il più prestigioso dell’estate che il gruppo Batani Select Hotels organizza. Al
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Entusiasmo sui media per l'arrivo del gigante americano del caffè. Qualche perplessità in città. Ma dopotutto, ognuno avrà la sua tazzina.
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Entusiasmo sui media per l'arrivo del gigante americano del caffè. Qualche perplessità in città. Ma dopotutto, ognuno avrà la sua tazzina.
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Entusiasmo sui media per l'arrivo del gigante americano del caffè. Qualche perplessità in città. Ma dopotutto, ognuno avrà la sua tazzina.
Starbucks con un evento blindato stasera nel cuore finanziario di Milano, apre la sua prima “boutique” del caffè. E in Italia è subito polemica e retropensiero.
In effetti dovrebbe far più scandalo l’impossibilità di bere un buon caffè a Milano, che l’arrivo della multinazionale del “frappuccino” nel cuore dell’ex city meneghina. O forse un collegamento con la finanza c’è: per l’evento si sono scomodati tutti i media, con pagine e servizi in omaggio all’italica paggeria esterofila che da tempo non faceva capolino da queste parti. Indubbia captatio benevolentiae nei confronti di un gigante che di pubblicità spenderà molto nei prossimi mesi.
Che Milano sia la città più internazionale d’Italia in questo momento, più che anni fa, è fuori dubbio. Certo è che l’apertura di uno Starbucks non cambierà certo le abitudini di un Paese che sulla pausa caffè ha fondato un lifestyle che ci viene invidiato da tutti. Ben venga a Milano un posto in pieno centro dove ristorarsi e godere delle bellezze di un palazzo stile umbertino fin-de-siecle finalmente restituito al pubblico. Intelligente anche l’idea di mettere assieme Starbucks classico con la “Reserve” (unica in Europa, terza al mondo dopo Seattle e Shanghai) che offre viaggio intorno al mondo del caffè, e anche un angolo “Princi” che è la focacceria di tradizione a Milano.
Ma le temute prudenze dei commercianti piccoli non si sono levate più di tanto. Alcuni cittadini sono infastiditi, e questo è comprensibile, da come al gigante ci si sia inginocchiati tutti. A tal punto da offrire la chiusura dell’intera piazza (e deviazioni del tram), cose che non si vedono nemmeno per la prima del Teatro alla Scala. E forse, qualche rilevanza culturale in più il 7 dicembre ce l’ha.
Invece per il 6 settembre 2018 è tutto predisposto affinché ci sia un’apertura in grande stile senza disturbatori. Piuttosto, poniamoci il problema della qualità. Va bene l’architettura avveniristica degli interni e il glamour dei dehor esterni che piaceranno agli stranieri. Ma Starbucks a chi fa paura? A chi conviene? A giudicare dalle interviste fuori la location oggi pomeriggio, gli americani in vacanza lo trovano rassicurante. Un passante ci ha detto: “Spero che agli italiani piaccia quanto a noi”. Ci potrà piacere il concept, il wi-fi gratis illimitato, l’idea di rifugio che queste caffetterie hanno diffuso in tutto il mondo.
Ma per il caffè, scusateci signori turisti, noi facciamo da soli. Anzi. Vuoi vedere che da domani qualcuno a Milano si sveglierà e andrà a farsi raccontare i segreti dell’ottima tazzina dai colleghi di “Caffè Napoli”, unici al momento in grado di farne una buona in città?
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