Non sono un critico cinematografico e il mio è solo un commento a caldo su di un film che sta facendo in questi giorni molto discutere. “Napoli velata” di Ferzan Özpetek è un film che mi è piaciuto molto e merita senz’altro qualche riflessione in più, non fosse altro per il fatto che è girato a Napoli con molti attori napoletani.
Da buon architetto la prima doverosa osservazione la devo fare per una delle prime inquadrature, la straordinaria scala Liberty di palazzo Mannajuolo ad opera di Giulio Arata. Che sia un capolavoro lo capisci quando alzi gli occhi e senti come una forza che ti avvolge e ti risucchia; la scala, realizzata in un’unica rampa, è un corpo ellittico con gradini di marmo sagomato, illuminata dall’alto da un cupolino in ferro e vetro. Questa spirale con una luce in fondo mi sembra proprio la chiave di lettura del film, nel quale un vortice di emozioni porterà la protagonista a rimuovere un trauma subito da bambina. E guarda un pò, cosa muove tutte queste emozioni? La cosa più banale a raccontarla, ma anche la più cieca e violenta quando la si vive: la passione d’amore.
Sarà che l’immagine della scala mi ha ricordato l’immagine dall’alto del cratere del Vesuvio, ma immediatamente mi è venuto di fare un parallelo tra la forza distruttrice di un vulcano in eruzione e la passione d’ amore che sconvolge le vite di chi l’ incontra. Perchè la passione, si sa, brucia la ragione e da allora in poi, per ci ci è caduto, è tutto un cercare di andare avanti, procedere a tentoni, come un cieco che cerca di ritrovare la strada perduta. E può capitare che il percorso non sia lineare e che ti porti per strade che mai avresti pensato di percorrere. Ma a ben guardare, però, anche Napoli, tra vicoli e mare, luci ed ombre, si nutre di passioni e o la ami o la odi. La storia, la gente… tutto qui è il contrario di tutto: ricchezza e povertà, ostentazione e negazione, religione ed occulto, vita e morte.
Özpetek rimarca questi contrasti anche nelle location dov’è girato il film ed ecco che “la figliata dei femminelli”, un rito pagano del popolino, viene messa in scena all’interno del lussuoso Palazzo Pandola, una dimora tardobarocca piena di opere d’arte e di antiquariato. Poi c’ è la passeggiata romantica dei due protagonisti a Piazza del Gesù: il pubblico è ancora ignaro del triste epilogo della storia, ma a chi conosce le voci che girano su questo luogo, non sfugge che la leggenda racconta di un culto della Morte legato proprio alla Guglia dell’Immacolata situata al centro della piazza.
Ed ancora bellezza, eros, distruzione e morte si incontrano tra le meraviglie del Museo Archeologico, uno dei più importanti al mondo per qualità e antichità delle opere, provenienti dagli scavi di Pompei e di Ercolano, sepolte dalla lava del Vesuvio con l’eruzione del 79 d.C. In particolare nel film si parla della cosiddetta Stanza Segreta, una sezione del museo dedicata ad importanti reperti a sfondo erotico e sessuale che la dicevano lunga sulle abitudini tutt’altro che caste delle popolazioni che abitavano queste due cittadine.
E poi c’ è la Farmacia degli Incurabili, dove, tra arte e scienza, in una sala con circa 400 vasi in ceramica maiolicata, maestose scaffalature barocche, un prezioso soffitto affrescato dal Bardellino e rare riggiole a pavimento, si custodiscono i segreti dell’alchimia alla base della ricerca farmacologica della medicina illuministica napoletana, talvolta pure sconfinata in esoterismo. Lì è custodito l’Utero Velato: un grande utero verginale che rappresentando il ventre di Napoli dà un sesso alla città, femminile, ovviamente.
Altra scena molto coinvolgente è pure quella che si svolge presso la Galleria Principe, maestosa costruzione in vetro e cemento realizzata verso la fine dell’800. Qui la scena viene scandita dal suggestivo ritmo delle percussioni dei bottari, un antico rito contadino che serve per scacciare via dalle cantine gli spiriti maligni.
E dulcis in fundo c’ è la scena conclusiva del film presso la Cappella S.Severo, davanti al meraviglioso Cristo Velato. E qui termina questa storia appena imbastita e volutamente lasciata nei dettagli alle conclusioni dello spettatore. Con essa Özpetek ha voluto raccontare Napoli senza luoghi comuni, nè cartoline, ma usando come filo conduttore solo passione e mistero. E Napoli è piena di misteri da svelare, ma devi lasciarti trasportare dalle emozioni perchè non tutto a questo mondo, e men che meno a Napoli, ha una risposta razionale. Napoli magica…quante volte lo abbiamo sentito, detto. Ecco, io credo che Özpetek abbia voluto raccontare Napoli attraverso le emozioni che questa città con la sua storia e le sue leggende suscita. Credo che lui se ne sia davvero innamorato, perchè solo un uomo innamorato poteva alzare con tanta delicatezza il velo che ricopre le sue miserie e mostrarcele così senza alcun commento, come a dire che non si ama solo ciò che è buono e perfetto.