Edizione numero 60 per il Salone del Mobile di Milano che ritorna dopo ben due anni di assenza e lo fa con 2.175 espositori nei 20 padiglioni della fiera. Come sempre tantissime le proposte arredative, impossibile visitare tutti gli stand, rischio capogiro per gli innumerevoli stimoli visivi e tattili (ma anche olfattivi e uditivi a dirla tutta). In questo caleidoscopio di sollecitazioni, difficile distinguersi e lasciare un segno durevole nel visitatore, anche se del settore come me. Ci è riuscito un piccolo stand che piccolo non era, e proprio la rivelazione delle sue reali dimensioni è uno dei motivi per cui lo inserisco sul podio delle più belle scoperte di questo Salone n. 60. “Scoperta” è proprio la parola giusta per descriverlo, “stupore” è un altro termine adatto all’esperienza vissuta, insomma l’effetto sorpresa ha avuto il suo peso nella valutazione. Nel padiglione 15 lo stand n.26 era occupato da Ceramica Francesco De Maio, un’azienda che dal 1963 forgia e decora a mano maioliche, un’eccellenza della tradizione della ceramica vietrese.
Sono loro ad avere la licenza esclusiva per 5 continenti di una delle più belle collezioni di ceramica: la collezione Blu Ponti che il grande designer Gio Ponti realizzò nel 1960 per l’Hotel Parco dei Principi di Sorrento.
Non solo tradizione, l’azienda continua a sperimentare nuove decorazioni e nuovi supporti e nell’esposizione pensata per Milano, ha messo in mostra alcuni classici decori su supporto in gres maiolicato, un modo per preservare le antiche lavorazioni adattandole alle esigenze tecniche che i nostri tempi richiedono.
Ma la vera forza dell’esposizione era tutta ancora da scoprire e quando Patrizia Famiglietti, creative director dell’azienda, ci ha aperto la porta quasi nascosta tra le pareti dello stand, ci ha introdotto in un mondo fantastico completamente avulso dal contesto rumoroso della fiera.
Così lo stand ha svelato non solo le sue reali dimensioni, ma soprattutto le ultime novità frutto degli anni di stop non solo del Salone, ma anche dei ritmi quotidiani di ognuno di noi.
Sono stati proprio questi tempi strani l’occasione per Patrizia di sviluppare il nuovo progetto in sinergia con il Museo Van Gogh di Amsterdam che ha concesso la licenza per riprodurre su ceramica dipinti famosi come I Girasoli, Autoritratto con Cappello di Paglia, Ramo di mandorlo in fiore.
Ma Ceramica Francesco de Maio non si è limitata a riprodurre le opere dell’artista olandese, ha piuttosto sperimentato un altro modo per omaggiarlo e per rendere l’operazione ancora più interessante e sperimentale: ha provato ad estrapolare solo alcuni particolari a volte ripetendoli più volte, altre ruotandoli, altre isolandoli dal contesto, in modo che non siano sempre riconducibili al quadro originale, pur conservandone fedelmente i colori e la pennellata.
Questo naturalmente ha richiesto un lavoro molto lungo e impegnativo, ma il risultato finale premia assolutamente gli sforzi profusi.
La cosa interessante è che in questo modo ogni opera del museo diviene potenzialmente illimitata, perché interpretabile pressoché all’infinito nelle dimensioni, gli accostamenti, la scelta dei particolari da riprodurre.
Naturalmente la qualità artigianale dei pezzi è quella di sempre, ognuno è realizzato a mano dai maestri dell’azienda salernitana.
Questa reinterpretazione dei capolavori di Van Gogh è proprio la dimostrazione che ci vogliono bravi artigiani e tradizioni consolidate, ma solo un buon progetto fornisce quel plus che permette a un’azienda e i propri prodotti di distinguersi all’interno di un mercato affollato e massificato.
La storia di un’azienda va scritta ogni giorno, e noi progettisti non possiamo che apprezzare operazioni come questa e veicolarle ai nostri committenti sottolineando proprio il plus che le caratterizza.
Dopo il Salone del Mobile, tutti i pezzi in mostra sono partiti per Amsterdam per essere riallestiti proprio nelle sale del Museo Van Gogh.
Ma visto che oltre che pezzi da museo, sono prodotti d’uso, sicuramente presto li vedremo installati nei luoghi per cui sono stati pensati: case private e luoghi dell’ospitalità.
Fotoservizio di Francesco Rotondale